Tra gli ospiti della prima puntata della terza edizione di Belve, Wanna Marchi si è raccontata tra lacrime per il lutto e ricordi del carcere.
Wanna Marchi ha deciso di accettare l’invito di Francesca Fagnani per una intervista a Belve, nonostante molti le avessero sconsigliato di parteciparvi. “Mi hanno detto che lei è talmente cattiva. Lo dicono tutti, è una cosa pazzesca”, ha spiegato la ex regina delle televendite che, dietro le quinte, si è lasciata andare ad un momento di sconforto per il ricordo dell’ex compagno, Francesco Campana.
Wanna Marchi, le lacrime e il ricordo del carcere
Prima dell’intervista integrale di Wanna Marchi a Belve, hanno fatto il giro della rete le immagini che la mostravano in lacrime dietro le quinte.
Il ricordo del compagno recentemente scomparso è ancora un tasto dolente per lei. “Era straordinario”, ha detto la ex televenditrice alla Fagnani, mentre la figlia Stefania Nobile aggiungeva: “L’unico uomo che Dio ha creato, l’ha avuto lei”.
Nel corso del confronto con la conduttrice di Belve, inoltre, la Marchi non ha esitato a ricordare il lungo periodo trascorso in carcere, quando fecero di tutto per indurla al suicidio.
“Quando ci siamo sentite, mi ha detto che in carcere a Bologna, hanno fatto di tutto per farla suicidare“, ha domandato la Fagnani.
“Come hanno fatto? Con il trattamento, il modo di apostrofarmi, non mi davano la possibilità di lavarmi quando volevo farlo, mi davano l’acqua fredda anche se era disponibile quella calda – ha raccontato Wanna Marchi -. Tante cose, tante. Se una persona è debole, non è difficile che si suicidi in carcere. Se ho pensato di suicidarmi? Ma non ci penso proprio”.
“Ho avuto momenti di disperazione per mia figlia che ha una malattia gravissima, che si chiama artrite reumatoide. Mia figlia pesava 40 chili – ha aggiunto – . Con le manette attaccate alla barella e quattro persone che la scortavano, la portavano in ospedale per fare le trasfusioni, due, tre volte la settimana. Per me era una roba terrificante. Io per mia figlia sono disposta a uccidere. Ho sbagliato, avrei potuto patteggiare”.