Una nuova ricerca ha rilevato come le donne vittime di violenza siano maggiormente a rischio di suicidio. Scopriamo cosa è emerso.
Le donne vittime di violenza domestica sono una realtà amara e che merita maggior attenzione. Proprio di recente, infatti, una ricerca inglese ha rilevato come chi subisce questo tipo di abusi rischi di arrivare il suicidio con un’incidenza di tre volte maggiore rispetto ad una persona con altre problematiche. Un problema che coinvolge quindi un po’ tutto e per il quale è stata richiesta maggior attenzione su ogni campo e aspetto della vita privato e sociale.
I risultati della ricerca e chi sono le vittime di violenza
L’analisi che ha portato a questi dati è stata svolta da Sally McManys, esperta di salute presso l’Università di Londra e in collaborazione con l’organizzazione benefica Agenda Alliance.
Da quanto è emerso si è quinti giunti alla conclusione che la violenza tra le mura domestiche sia come un precursore del suicidio. Cosa che in molti casi porta a vittime di suicidio morte senza motivo apparente ma che invece erano molto probabilmente vittime silenziose di qualcuno.
Un dato che fa riflettere e che mette in primo piano la solitudine percepita da tante persone che pur vivendo in un mondo costantemente aggiornato sulla vita di tutti, tende ad ignorarne gli aspetti più importanti. La McManus stessa ha asserito che spesso tra queste vittime ci sono donne che vivono in povertà, che non hanno un lavoro o che sono impossibilitate a svolgerne uno. Si tratta quindi di donne che non hanno modo di scappare dalla situazione in cui si trovano e in cui spesso rimangono per paura. La stessa paura che può spingerle fino al suicidio.
Le azioni da compiere secondo Agenda Alliance
La prima cosa che le vittime dovrebbero fare è ovviamente chiedere aiuto ad una delle tante associazioni presenti. A volte, però, ci sono in ballo così tante cose che farlo, per molte di loro, risulta davvero difficile. Ed, ovvio che i vari disegni di legge non bastino a tutelare queste persone.
Agenda Alliance ha così portato avanti la proposta di far sì che il controllo della salute mentale passi prima di tutto da medici, ostetriche, personale per l’impiego e tutti coloro che ogni giorno hanno a che fare (anche inconsapevolmente) con queste donne. In questo modo, fornire un supporto sarebbe più semplice e potrebbe aiutare alcune di loro ad uscire dal bozzolo di segretezza e solitudine nel quale sono rinchiuse, arrivando persino a salvargli la vita.