Vajont – La diga del disonore: la storia vera e le differenze tra il film e la realtà

Vajont – La diga del disonore: la storia vera e le differenze tra il film e la realtà

Nel 2001 il regista Renzo Martinelli ha realizzato Vajont – La diga del disonore: ecco le differenze tra il film e la realtà.

Nel 2001 il regista Renzo Martinelli ha realizzato il film Vajont – La diga del disonore, pellicola che, come il titolo lascia facilmente intuire, racconta la storia del disastro del Vajont avvenuto la sera del 9 ottobre del 1963 che portò alla morte di circa 2.000 persone. Vediamo ora quali sono le differenze tra la ciò che è raccontato nel film e la realtà e, conseguentemente, la storia del film.

Vajont: le differenza tra il film e la realtà

Il protagonista principale del film il geometra Olmo Montaner, che è uno dei sopravvissuti alla tragedia. In realtà si tratta di un personaggio immaginario, anche se è in parte ispirato al geometra Giancarlo Rittmeyer, che però morì la notte del disastro.

Bandiere commemorativa sulla diga del Vajont

La simulazione dei danni di una possibile frena nella realtà fu meno puntigliosa rispetto al film, basti pensare che non venne preso in considerazione il paese di Longarone perché non fu neanche presa in considerazione l’ipotesi che potesse essere coinvolto in caso di tragedia.

Nel film gli ingegneri decidono di non costruire la passerella pedonale nel 1960, dopo l’apertura della faglia a forma di M sul Monte Toc, in realtà la passerella era già stata eliminata da tre anni.

Le parole “La SADE è uno Stato nello Stato” non furono pronunciate dalla giornalista Tina Merlin ma dal Presidente della pronvincia di Belluno, Alessandro Da Borso. Nel film non sono poi presenti il geofisico Pietro Caloi e il geologo Leopold Muller, che nella realtà ha scoperto al frena. Scoperta che nel film è attribuita a Edoardo Semenza.

Nel film non è fatta mai menzione del bypass che venne costruito in previsione della frana e che avrebbe comunque tenuto in contatto le due parti del lago. Nel film viene poi mostrato l’ingegnere Renzo Desidera del genio civile di Belluno durante la prima visita della commissione di collaudo del 1959, in realtà era già stato trasferito.

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