Cos’è la terapia con gli inibitori Parp? E’ un trattamento che sta rivoluzionando la cura di alcuni tipi di cancro.
Da qualche anno a questa parte si sente parlare spesso della terapia con gli inibitori Parp, utile per combattere alcuni tipi di cancro. Un trattamento che ha rivoluzionato il trattamento delle malattie oncologiche, ma che comporta comunque alcuni effetti collaterali. Scopriamo cos’è, come funziona e per quali tumori si può fare.
Terapia con gli inibitori Parp: cos’è e come funziona
La terapia con gli inibitori Parp viene utilizzata per combattere alcuni tipi di tumori, nello specifico quelli associati a mutazioni nei geni BRCA. Questo trattamento, considerato rivoluzionario nella lotta alle malattie oncologiche, agisce andando a bloccare l’enzima PARP, che aiuta a riparare il DNA danneggiato, portando alla morte delle cellule cancerose.
In altre parole, i farmaci antitumorali Parp impediscono alla cellula cancerosa di riparare il suo DNA danneggiato. Di conseguenza, la cellula ‘malata’ non può dividersi per dare origine ad altre cellule cancerose e muore. Attualmente, ci sono diversi Parp inibitori, come olaparib (Lynna) e talazoparib (Talzenna), che sono stati approvati anche in Italia.
La terapia risulta efficace sia per contrastare la malattia metastatica che per ridurre il rischio di recidiva. La durata e il tipo di farmaco dipendono dal tipo di tumore e dagli effetti collaterali che possono variare da paziente a paziente.

Gli effetti collaterali degli inibitori Parp
La terapia con gli inibitori Parp viene somministrata per via orale, sotto forma di capsule o compresse, una o due volte al giorno. La dose cambia in base al tipo di cancro e al medicinale scelto, così come la durata del trattamento. Gli effetti collaterali più comuni sono: affaticamento, nausea, mal di testa, alterazioni del sangue e caduta dei capelli.
Talvolta possono insorgere problematiche più importanti, come la mielosoppressione, ossia una riduzione della capacità del midollo osseo di produrre le cellule del sangue. Purtroppo, in quasi tutti i pazienti a un certo punto si verifica la resistenza al trattamento. Questa è la criticità più grande della terapia, ma i ricercatori sono già a lavoro per trovare una soluzione.