Numerosissime aziende hanno adottato lo smart working, ma alcuni datori di lavoro hanno iniziato a utilizzare dei software per il controllo dei dipendenti.
Durante gli ultimi mesi, in tutto il mondo, sempre più aziende hanno deciso di affidarsi allo smart working per limitare la diffusione del Coronavirus. I lavoratori possono svolgere le proprie mansioni, ovviamente quando possibile, direttamente dalla propria abitazione, grazie ai servizi digitali attualmente disponibili (come Skype, Trello, Zoom e molti altri). Durante le ultime settimane, sempre più datori di lavoro hanno iniziato a utilizzare dei software per il controllo dei dipendenti durante lo smart working. Scopriamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Smart working, i software per il controllo
Questi software “spia” sono particolarmente utilizzati negli Stati uniti d’America, dove circa il 42% dei lavoratori svolge il proprio lavoro da casa. L’utilizzo di strumenti di tracciamento in USA è meno regolamentato e, di conseguenza, sempre più datori di lavoro starebbero utilizzando software di questa tipologia, come Hubstaff.
Queste applicazioni riescono a raccogliere numerosissimi dati direttamente dai computer dei dipendenti. Alcuni software possono ad esempio monitorare il puntatore del mouse, i tasti premuti e le pagine visitate. Le attività vengono poi divise in due categorie: “produttive” e “non produttive”.
Altre piattaforme sembrano essere quasi lesive per la privacy dei dipendenti, riuscendo a raccogliere i dati relativi ai luoghi visitati dall’utente, ottenere delle schermate del display, attivare la webcam e scattare, addirittura, fotografie con regolarità.
Durante le ultime settimane, l’utilizzo di questi software per il controllo durante lo smart working si è intensificato sempre più, insieme ai possibili disagi derivati. Nel sito web ufficiale di InterGuard, un’altra applicazione di questa tipologia, compare ad esempio il motto “monitoraggio dei dipendenti reso semplice – registrare, rivedere, avvisare e bloccare l’attività degli utenti”.
Lo smart working in Italia
Anche in Italia diverse aziende hanno adottato lo smart working, offrendo ai lavoratori, soprattutto alle donne, nuove opportunità. La situazione è però diversa: lo Statuto dei Lavoratori stabilisce che le aziende non possono assolutamente impiegare strumenti di monitoraggio “costanti e invasivi”.
Secondo l’Istat, in Italia circa il 90% delle grandi imprese (con almeno 250 dipendenti), il 73,1% delle imprese di media dimensione (da 50 a 249 lavoratori) e il 37,2% delle piccole imprese (da 10 a 49 dipendenti) hanno deciso di adottare lo smart working a causa del Covid-19.
Una recente ricerca ha rivelato che il 58% delle aziende coinvolte proseguiranno con lo smart working anche nel 2021, mentre il 26% programma di finire tra novembre e dicembre 2020. Sono stati numerosi i vantaggi, sempre secondo l’indagine, tra cui risparmio sulle spese per gli spostamenti, aumento delle responsabilità individuali e maggiore soddisfazione dei dipendenti. Gli svantaggi sarebbero invece i seguenti: riduzione delle relazioni sociali, la mancanza di separazione tra l’ambiente domestico e quello lavorativo e il rischio di un sovraccarico di lavoro.
Fonte foto copertina: https://pixabay.com/it/photos/computer-pc-sul-posto-di-lavoro-1185626/