L’analisi di Selvaggia Lucarelli a proposito degli influencer e il tema dei “supplied” che starebbe facendo insorgere rabbia nelle persone.

Che sia molto attenta all’argomento influencer è noto. Ma adesso Selvaggia Lucarelli si è voluta occupare molto da vicino di una situazione che, ormai da tempo, sta spopolando e che dovrebbe avere, secondo lei, maggiore attenzione anche da parte delle autorità. L’argomento è quello delle sponsorizzazioni, o meglio dei cosiddetti “supplied“.

Selvaggia Lucarelli, il focus sugli influencer e il “supplied”

Selvaggia Lucarelli
Selvaggia Lucarelli

Con il termine “supplied” gli influencer indicano, di fatto, che stanno ricevendo dei servizi o delle esperienze gratuitamente, in cambio di visibilità. Di solito, questi tendono a sponsorizzare hotel, prodotti ma anche oggetti di uso comune. Una situazione che pare essere sfuggita di mano e della quale, come anticipato, la Lucarelli si è voluta occupare con un articolo per Il Fatto Quotidiano del quale ha ripreso alcuni passaggi anche sui social.

L’idea che dei milionari debbano farsi offrire pure una coppetta con due kiwi e una mela, inizia a generare un risentimento più che comprensibile. In un paese con quasi 6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta, forse gli influencer dovrebbero iniziare a riflettere su quanto il divario sociale, la mancanza di alloggi, il calo del potere di acquisto dei salari siano una polveriera e su quanto i ‘supplied’, ovvero i benefit concessi a chi i benefit se li può pagare, finiscano per diventare una delle tante “scintille” che accendono la rabbia”, ha detto la penna graffiante nel suo post su Instagram.

“Infine, un’ulteriore considerazione. Il “supplied” è una sorta di far west dal punto di vista fiscale. I lavoratori dipendenti pagano le tasse sui benefit eventualmente ricevuti dai datori di lavoro perchè (oltre un certo importo) concorrono alla formazione del reddito personale (auto aziendali, carburante, buoni pasto…). I supplied sono di fatto delle transazioni commerciali, visto che “il baratto” non mi risulta essere fiscalmente inquadrato. Faccio un esempio: molti influencer mostrano pavimenti delle loro nuove case interamente “supplied”. Se quel parquet ha un valore di 30 000 euro, l’influencer incassa beni di quel valore e il guadagno è completamente detassato. Non solo. Spesso l’influencer rivende quei beni (auto, mobili, elettrodomestici) e ha un ulteriore guadagno da un guadagno detassato”.

Una questione fiscale

L’analisi della Lucarelli è andata avanti sottolineando ulteriormente come tale questione dovrebbe essere maggiormente attenzionata anche dal fisco: “Secondo la fiscalista e esperta in diritto societario Elisa Migliorini ‘La ricezione di prodotti gratuitamente può avere implicazioni fiscali. In molti ordinamenti, se un prodotto viene ricevuto in cambio di una promozione o di un post, il valore di mercato di quel prodotto potrebbe essere considerato come reddito imponibile e, pertanto, soggetto a tassazione’. Ad oggi, nessuno paga le imposte sui supplied. E questo ha favorito il proliferare del “baratto 2.0”. Del resto, se un influencer viene pagato 20 000 euro per pubblicizzare degli elettrodomestici, sul quel guadagno paga le tasse. Se quella stessa azienda invece gli regala 20 000 euro di elettrodomestici, è tutto guadagno”. La Lucarelli ha quindi concluso: “Insomma, forse sarebbe ora di tassare lo scrocco“.

Selvaggia Lucarelli

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ultimo aggiornamento: 23 Luglio 2024 17:34


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