ROCCO, il docufilm su Rocco Siffredi uscirà nelle sale cinematografiche italiane come evento speciale dal 31 ottobre al 3 novembre
Il docufilm ROCCO, diretto da Thierry Demaizière & Alban Teurlai, è stato presentato alle Giornate degli Autori della 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Durante un’intervista l’attore ha parlato del suo lavoro sul set, della sua vita privata e di come è nata l’idea di un film su di lui. Guarda il trailer del film ROCCO e la fotogallery con gli scatti dal set.
Prima parte intervista a Rocco Siffredi
Qual è stata la sua reazione quando due documentaristi francesi le hanno proposto questo ritratto filmato?
È sempre fantastico sapere che qualcuno si interessa alla tua vita. Avevo già avuto tre proposte in passato. La prima da parte del figlio di un grande regista polacco, la seconda da parte di un italiano e la terza da parte di un americano. Thierry e Alban mi hanno mostrato i loro film precedenti e mi è molto piaciuto il loro modo di affrontare i loro soggetti e di filmarli. E questo è stato fondamentale nel persuadermi a lasciarmi finalmente riprendere sotto un profilo molto personale. E poi io sono nato artisticamente in Francia: il mio primo film porno è stato girato a Parigi nel 1986 per Dorcel. E quando in seguito ho deciso di pubblicare un libro autobiografico è stato su suggerimento di un editore francese. Probabilmente questo dipende dal fatto che la Francia è più emancipata in tema di sesso, è meno ipocrita. I francesi mi sembrano in una posizione migliore rispetto a tutti gli altri per raccontare la vita di un uomo che ha scelto un percorso che non è, per così dire, tradizionale… Quando è nato il progetto, lei aveva appena compiuto 50 anni.
Questo evento ha avuto un ruolo nella sua decisione di raccontare la sua storia?
Sì, assolutamente. Quanto arrivi a cinquant’anni, le scelte che hai fatto impongono una riflessione, ma sembrano anche più chiare. Sia le buone sia le cattive. Hai improvvisamente l’età giusta per soppesarle, per raccontarle.
C’era anche la voglia di rompere con l’immagine di Rocco l’attore porno?
La gente ha un’immagine di me come di una super-macchina. E posso essere quella super-macchina davanti alla videocamera. Ma qui, per la prima volta, mi si può vedere completamente a nudo. Per me è molto più difficile mettermi a nudo in questo modo che apparire senza vestiti sul set per girare una scena hard. Non è lo stesso modo di scoprirsi.
Questo mettersi a nudo non fa anche paura?
Sì, c’è un momento in cui hai paura.
Che cos’è questa paura?
Sinceramente, nel mio caso non è quella di chi teme di mostrarsi per quello che è, per come è. Sono cose che io ho accettato molto tempo fa. E non si tratta neanche di pudore. Il mio timore riguarda i miei cari: mia moglie e i miei due figli. Quando hai una famiglia, cerchi di mostrare il tuo lato forte, mostri che sei un lottatore, che non hai paura di nulla, che sei invincibile, che sei un super papà. Ma contemporaneamente so che i miei figli crescono (hanno 16 e 20 anni). Un giorno, che arriverà molto presto, diventeranno a loro volta padri di famiglia, e anche loro incontreranno dei problemi. Quindi mi sono detto che hanno già l’età giusta per sentire il loro padre dire determinate cose, per vederlo sotto una luce diversa. Nella vita, a volte mi capita che la mia decisione occupi non soltanto tutta la mia mente, ma anche il mio corpo. Tutto il mio corpo. Tutta la mia anima. Al punto che ho acconsentito a dire certe cose, su mia madre, sul mio passato, sui miei fantasmi.
Ne avete parlato tra di voi, in famiglia, di questo ritratto?
Sì. Mia moglie era forse la più reticente. Aveva più che altro paura che il film raccontasse una volta di più dei cliché sul cinema porno e lo raffigurasse come l’incarnazione del male. Mia moglie sa che faccio questo mestiere sempre con molta gioia, molta passione e molta professionalità. Mi ha visto felice del mio lavoro e temeva che ne emergesse solo il lato violento, bestiale, il lato oscuro del porno… Io condividevo questo suo timore. Anch’io avevo paura che Thierry e Alban cercassero di filmare solo il lato duro del porno. Ora penso che abbiano trovato un equilibrio. Le cose vengono dette e mostrate, ma si percepisce anche che all’interno dell’industria ci sono persone che cercano di farla avanzare e per le quali questo lavoro è prima di ogni altra cosa una passione.
Questo ritratto sarebbe quello di un supereroe della pornografia?
No, per l’appunto. È tutto fuorché questo! Ho lasciato che Alban e Thierry cercassero in ogni angolo. Sapevo che avevano una scarsa conoscenza del porno, che se n’erano fatti una certa idea. Ho corso dei rischi. Un film che mi avesse glorificato sarebbe stato orribile come pure al contrario un film che presentasse solo persone che mi vedono come l’incarnazione del male. Hanno esplorato tutte le facce del porno e hanno capito che io esercitavo questo mestiere con il massimo della professionalità possibile. E un’immensa dose di passione.
Continua a leggere la seconda parte dell’intervista a Rocco Siffredi