Divorziare in Giappone? Sì, ma solo se la colpa non è vostra!
Fedifraghi di tutto il mondo, non tradite nel Sol Levante: divorziare in Giappone costa parecchio, e si può dire davvero che chi sbaglia paga: nel caso di coppie non ancora in odore di pensione, chi ha commesso atti di infedeltà o ha avuto comportamenti che hanno causato la separazione, deve tassativamente elargire all’ex-coniuge la somma di 4 milioni di yen, che corrispondono a circa 50.000 euro, somma che spesso i divorziati devono pagare tramite carta di credito o prestiti al consumo, con conseguente aumento del 15 – 20% relativo agli interessi annui.
Il Giappone ha una percentuale di divorzi piuttosto bassa rispetto a Europa e Stati Uniti: ad esempio nel 2006, si sono registrati soltanto 2 divorzi ogni mille unioni contratte.
Tuttavia, le richieste di divorzio stanno aumentando, e in maniera particolare quelle avanzate da donne in età non più verdissima. Questo perché nel 2005 l’allora ministro delle pari opportunità giapponese Kuniko Inoguchi stabilì che in caso di divorzio post-pensionamento, il coniuge non tutelato (e in Giappone sono sempre le donne la parte ‘debole’ della coppia) avrebbe avuto diritto al 50% della pensione del coniuge, indipendentemente da chi potesse averne la colpa o la responsabilità. In questo modo, numerose donne che in gioventù avevano subito i soprusi di mariti despoti che molto spesso erano state costrette a sposare, hanno avuto modo di vivere una terza età libere e con una disponibilità di denaro non indifferente.
Per chi divorzia ‘a scopo di lucro’, inoltre, sempre il Giappone esistono agenzie che, su richiesta di mogli stufe della vita di coppia e desiderose di libertà, forniscono donne bellissime che hanno il compito di far perdere la testa al marito facendosi però scoprire, in modo tale da renderlo palesemente colpevole ed obbligarlo a divorziare addossandosi la colpa e a pagare alla ex moglie una cospicua sommetta.
Cosa non si fa per amore? Macché! Per denaro!