Anche se non è una condizione molto diffusa, potrebbe capitare, ad una donna, di avere il capezzolo introflesso. Cosa significa? Si tratta di una deformazione fisiologica che il più delle volte non comporta gravi conseguenze: ecco quali ne sono i rimedi.
Come fa intuire il suo stesso nome, il capezzolo introflesso non è altro che il capezzolo dei seni il quale, invece di sporgere verso l’esterno, come accade normalmente, tende ad essere piatto, anzi, a rientrare verso l’interno, nel momento in cui si faccia pressione con due dita sull’areola.
Questa condizione non ha alcun genere di ripercussione, se non estetica, tranne che nel momento dell’allattamento: infatti il capezzolo introflesso è indica di condotti galattofori più corti, e quindi di possibili difficoltà ad allattare il proprio bebè.
A meno che la condizione non sia davvero grave, o che il bambino non abbia problemi di suzione, però, si può rimediare con qualche piccolo accorgimento. Ad esempio, si può usare un tiralatte, o degli adattatori che si trovano in commercio, come il niplette, che è un’apparecchio che serve a far uscire fuori il capezzolo.
Può essere utile anche uno stimolo manuale, prima di cominciare l’allattamento, o usare del ghiaccio.
Solo nei casi più gravi si può ricorrere alla chirurgia estetica, ma questo potrebbe compromettere la possibilità di allattare.