Il Qatar è un paese musulmano dove vige ancora il sistema di tutela maschile: le donne non hanno diritti e devono sottostare al marito.
Il sistema di tutela maschile è una forma istituzionalizzata di discriminazione basata sul genere che esiste in alcuni paesi con una cultura musulmana, incluso il Qatar, paese ospitante dei Mondiali di calcio 2022. Le donne di questo paese non sono in grado di prendere decisioni riguardanti aree importanti della loro vita senza l’approvazione di un tutore maschio, di solito il marito. Ciò include attività come viaggiare, lavorare o sposarsi.
Qatar: i diritti delle donne
In Qatar le donne devono certificare il proprio stato civile per poter accedere ad alcune cure mediche, come ad esempio alcuni servizi di salute riproduttiva come il pap-test o un check-up ginecologico. Il diritto di famiglia in questi paesi spesso rende molto difficile per le donne ottenere il divorzio, e nei rari casi in cui lo ottengono può comportare un’ulteriore discriminazione economica. Inoltre, le donne non sono adeguatamente protette dalla violenza domestica e non possono sottrarsi dall’avere rapporti sessuali con il marito.
Nella maggior parte dei casi non sono neanche in grado di essere le principali responsabili dei propri figli. Tutte le decisioni riguardo alla salute, alla scuola da frequentare vengono prese dal marito o dalla figura maschile di riferimento che può essere anche il fratello, il cugino o lo zio della donna. Per quanto riguarda i viaggi le donne sotto i 25 anni d’età, per uscire dal paese, devono essere autorizzate dal marito o dal loro “tutore”.
Le critiche per i Mondiali 2022
Sono moltissime le critiche verso la decisione di ospitare i Mondiali di calcio in Qatar. Un paese dove i diritti umani, per le donne e per molte altre categorie di persone, sono praticamente inesistenti. Ha fatto notizia la dichiarazione dell’ambasciatore del Qatar sull’omosessualità. Oltre a questo, sono disumane le condizioni in cui hanno lavorato gli operai per costruire i vari stadi dove si terranno le partite. Dal 2010 sembrerebbe infatti che, durante i lavori, ne siano morti più di 6500.