Proverbi veneti in dialetto con traduzione in italiano

Proverbi veneti in dialetto con traduzione in italiano

Vi presentiamo una selezione dei proverbi veneti più famosi, scritti in dialetto ma con relativa traduzione in italiano.

Conoscete i proverbi veneti più famosi? Molto probabilmente, se doveste sentirli pronunciare da un abitante del Veneto, difficilmente riuscireste a comprenderne il significato. Nessuna paura: ecco una raccolta dei detti popolari più iconici, scritti in dialetto ma con relativa traduzione in italiano.

I proverbi veneti più famosi

In Veneto ci sono alcune delle città più belle d’Italia: da Padova a Venezia, passando per Verona, Treviso e Vicenza. Passeggiando per una di queste località, o anche in altre più piccole ma comunque meravigliose, come Bassano del Grappa, potreste facilmente imbattervi negli abitanti locali che si esprimono in dialetto. Se siete fortunati, magari, riuscite a captare anche alcuni dei proverbi veneti più famosi. Di seguito, vi proponiamo una raccolta di detti popolari in dialetto con traduzione o significato in italiano:

  • Prima de Nadàe fredo no fa, braghe d’istà. Dopo Nadàe el fredo xe pasà, braghe d’istà. (Prima di Natale freddo non fa, pantaloni estivi, dopo Natale il freddo è passato, pantaloni estivi, per indicare l’impossibilità di acquistare capi d’abbigliamento invernali)
  • Col suto va ben anca ‘a tempesta. (Col tempo secco va bene anche la tempesta)
  • El soe magna ‘e ore. (Il sole mangia le ore)
  • Co el cavejo tira al bianchin lassa la dona e tiente el bon vin. (Quando i capelli cominciano a imbiancare, lascia la donna e datti al vino)
  • Val depí an ora de alegría que zhento de malinconía. (Vale più un’ora di allegria che cento di malinconia)
  • Indrìo come ea còa del musso. (Indietro come la coda dell’asino, per indicare chi è molto in ritardo)
  • Inamorà come un pitto. (Innamorato come un tacchino)
  • Magnàrghe i risi in testa. (Mangiargli il riso in testa)
  • A man sgorlàndo. (Scrollando le mani, per indicare chi non ha nulla tra le mani)
  • Longo come l’ano dea fame. (Lungo come l’anno della fame)
  • Pecato confessà, l’è mezzo perdonà. (Peccato confessato, mezzo perdonato)
  • Sasso trato e parola dita no torna più indrìo. (Sasso lanciato e parola detta non tornano indietro)
  • Do done e un’oca fa un marcà. (Due donne e un’oca fanno un mercato)
  • I mona se conosse da due robe: dal parlare quando che i dovaria tasére e dal tesére quando che i dovarìa parlare. (Lo stupido si riconosce da due cose: dal parlare quando dovrebbe tacere e dal tacere quando dovrebbe parlare)
  • Te sì come ‘a mussa del strassaro. (Sei come l’asina dello straccivendolo)
  • Busèto e botòn. (Asola e bottone, per indicare persone molto unite)
  • Ci nasse aseno non more mia caval. (Chi nasce asino non muore cavallo)
  • Co le ciàcole no se ‘mpasta frìtole. (Con le chiacchiere non si impastano frittelle)
  • Robar a un poareto l’è come robar in ciesa. (Rubare a un povero è come rubare in chiesa)
  • Quando che la merda monta in scagno, o che la spuzza o che la fa dano. (Quando la merda sale sullo scranno se non puzza fa danno)
  • A al choc tuti i ol dargue da bêr. (All’ubriaco tutti vogliono dar da bere)
  • Chi ga inventà el vin, se nol xe in Paradiso, el xe vissìn. (Chi ha inventato il vino, se non è in Paradiso, è lì vicino)
  • Chi cambia munaro cambia ladro. (Chi cambia mugnaio cambia ladro)
  • Uno solo no sta ben gnanca in paradiso. (Da soli non si sta bene neanche in paradiso)
  • Quando che l’omo xe stimà el pole pissare in leto e dire che’l ga suà. (Quando un uomo è stimato, può pisciare a letto e dire che ha sudato)
  • A Candelòra de l’inverno semo fora, ma se piove o tira vento, de l’inverno semo dentro. (A Candelora dell’inverno siamo fuori, ma se piove o tira vento, nell’inverno siamo dentro)
  • Boca sarà no ciapa mosche/musàti. (Bocca chiusa non prende mosche/zanzare)
  • A San Martìn, castagne e vin. (A San Martino castagne e vino)

Proverbi veneti per ogni circostanza

In base alla zona del Veneto, il dialetto può leggermente variare. A non cambiare, però, è il significato del detto popolare. Di seguito, un’altra selezione dei proverbi veneti più famosi:

  • Andare al cinema Bianchini co’ ‘a testa sui cussini. (Andare al Cinema Bianchini con la testa sui cuscini, per indicare situazioni che si desiderano ma che non ci si può permettere)
  • Chi no fa no sbaja. (Chi non fa non sbaglia)
  • Xe pèso el tacòn del buso. (E’ peggio la toppa del buco)
  • In una dona val più la sinpatìa, che la belessa. (In una donna vale di più la simpatia che la bellezza)
  • L’amor de carneval mor in quaresema. (L’amore di carnevale finisce con la quaresima)
  • La dona deve aver quatro m: matrona in strada, modesta in ciesa, massera in casa, e matrona in leto. (La donna deve aver quattro m: matrona per strada, modesta in chiesa, massaia in casa e matrona a letto)
  • Piantare un ciodo. (Piantare un chiodo, per dire contrarre un debito)
  • Te sì come l’oco de Bepi che traversa el canae p’andare a casa a bévare. (Sei come l’oca di Bepi che va a casa per bere, per indicare chi fa un sacco di cose per arrivare ad una soluzione che ha sotto il naso)
  • Tronba di culo, sanitá di corpo; yúteme culo, se no son morto. (Flatulenza, sanità di corpo; aiutami culo altrimenti sono morto)
  • Val depí un a far que zhento a comandar. (Vale più uno che fa che cento che comandano)
  • Chi no se contenta de l’onesto, perde ‘l manego e anca ‘l cesto. (Chi non si accontenta del giusto perde il manico e anche il cesto)
  • Na onta e na ponta. (Una lode e un rimprovero)
  • Drito come un ganso da becàro. (Dritto come il gancio del macellaio)
  • Muso duro e bareta fracà. (Faccia dura e berretto ben calcato sulla fronte)
  • A la sera ciochi, a la matina bisi. (Alla sera ubriachi, alla mattina storditi)
  • Chi vive sperando, more cagando. (Chi vive nella speranza muore di stenti)
  • A le volte ‘na busia salva ‘na verità. (Talvolta una bugia salva una verità)
  • Se l’invidia fusse freve, tutto el mondo scotaria. (Se l’invidia fosse febbre, tutto il mondo scotterebbe)
  • A dir la verità basta un cojon, ma a dir busie ghe vol un bricon. (A dire la verità basta uno stupido, ma a dire bugie ci vuole un briccone)
  • Chi maltrata le bestie, maltrata anca i cristiani. (Chi maltratta le bestie, maltratta anche i cristiani)
  • Mejo fidarse de na dona che de un omo sensa peli. (Meglio fidarsi di una donna che di un uomo senza peli)
  • Na dona butà e un palo in pìe tien su qualunque peso. (Una donna stesa e un palo in piedi reggono qualsiasi peso)
  • A tola e in leto no se porta rispeto. (A tavola e a letto non si fanno complimenti)
  • La morte non sparagna re di Francia né di Spagna. (La morte non risparmia re di Francia né di Spagna)
  • Da putèi tuti bèi, da morti tuti santi. (Da bambini tutti belli, da morti tutti santi)
  • Caval che vinse no se canbia. (Cavallo vincente non si cambia)
  • No ghe xe né Cristi né Madone. (Non ci sono né Cristi né Madonne)
  • Come ciuciare un musso pa’ i ferri. (Come succhiare un asino dalla parte della ferratura, per indicare una situazione o attività che non dà soddisfazione)
  • Ti ga butà in aséo/in vaca. (Hai buttato in aceto o in vacca, per indicare chi rovina tutto quello che si è fatto)
  • Andarghe el sangue en acqua. (Far andare il sangue in acqua)
  • ‘Vanti col Cristo che ‘a procesion s’engruma. (Avanti col Cristo che la processione si blocca)
  • Avere i oci da pesse stracco. (Avere gli occhi da pesce stanco)
  • Cavarse ‘na spissa. (Togliersi un prurito, per dire togliersi una soddisfazione)