Proverbi Friuli Venezia Giulia famosi con traduzione in italiano

Proverbi Friuli Venezia Giulia famosi con traduzione in italiano

Vi presentiamo una raccolta dei proverbi del Friuli Venezia Giulia più belli e famosi, con relativa traduzione in lingua italiana.

Se siete fan dei modi di dire, vi proponiamo una selezione dei proverbi friulani più belli e famosi. Anche se non amate troppo i detti popolari, ricordate che vale la pena conoscerli perché, oltre ad essere parte della cultura italiana, contengono insegnamenti di vita che possono sempre tornare utili.

I proverbi friulani più famosi

Ogni regione d’Italia ha il suo dialetto, spesso incomprensibile per i forestieri. Eppure, i modi di dire pronunciati nella lingua locale hanno qualcosa di magico e sembrano anche più incisivi. Ovviamente, bisogna conoscere sia il linguaggio del posto che il significato del proverbio altrimenti è meglio tacere. Vi proponiamo una selezione dei proverbi friulani più famosi:

  • A chel mus ca nol puarte baste, no si dai vene. (A quell’asino che non porta basto, non si dà avena)
  • Barbe rosse pēl di diaul. (Barba rossa pelo di diavolo)
  • A fā la barbe al mus, si pierd timp i fadie. (A fare la barba all’asino, si perde tempo e fatica)
  • I rīs son la mignestre plui buine e la plui triste. (Il riso è la minestra più buona e la più triste)
  • Co è la sō ore no val nuje dī di no. (Quando è giunta la propria ora non serve a niente dir di no)
  • Il sium l’è l’immagine da muart. (Il sonno è l’immagine della morte)
  • Al è lari tant cui che al robe, che cui che al ten il sac. (È ladro tanto chi ruba quanto chi tiene il sacco)
  • Cuant che e ciape fûc la cjase, no bisugne scjaldâsi. (Quando la casa piglia fuoco non è il momento di scaldarsi)
  • Il lat nol ven dai ues. (Il latte non viene dalle ossa)
  • Al mange plui vene chel mus ca nol tire la carete. (Mangia più avena quell’asino che non tira la carretta)
  • Cuarp passūt, anime consolade. (Corpo sazio, anima consolata)
  • Il corli plui devente vieri e miei al ģire. (L’arcolaio più diventa vecchio meglio gira)
  • Altri è il fevelā di muart è altri l’è il murī. (Una cosa è parlare di morte, un’altra morire)
  • Cui che ben vīv, ben mūr. (Chi bene vive, bene muore)
  • Al val tant un sōld in sorēli che in ombrene. (Vale tanto un soldo al sole quanto all’ombra)
  • Cui che l’ha bon vin a ćāse nol va ta l’ostarie. (Chi ha il buon vino a casa, non va in osteria)
  • Denant da l’ore no si pò nè nassi nè murī. (Prima dell’ora non si può né nascere né morire)
  • Cui che nas l’ha di murī. (Chi nasce è destinato a morire)
  • Di ca a cent ang val tant il lin, che la stope. (Da qui a cento anni vale tanto il lino quanto la stoppa)
  • Cui che va donge dai mulinārs reste infarināt. (Chi va vicino ai mugnai resta infarinato)
  • Dure plui une cite sclapade che une gnove. (Dura più una pentola lesionata che una nuova)
  • I passūz crodin ca no ur vegni mai plui fan. (I sazi credono che non gli venga più fame)
  • El vin al è latt da puars vecios. (Il vino è il latte dei poveri vecchi)
  • Il brāv miedi no l’ha pōre a scorteā. (Il bravo medico non ha paura di scorticare)
  • L’è miei sparagnā il flāt par quand ca si ha di murī. (È meglio risparmiare il fiato per quando si deve morire)
  • Jè plui grande la pōre dal māl, che il māl istes. (È più grande la paura del male che lo stesso male)
  • L’è lāri tan cui cu robe che cui cu ten il sac. (È ladro tanto chi ruba che chi tiene il sacco)
  • Miei vin turbit che āghe clare. (Meglio vino torbido che acqua limpida)
  • L’onōr nol fās bulī la cite. (L’onore non fa bollire la pentola)
  • La speranće, je il rimiedi dai disperās. (La speranza è il rimedio dei disperati)
  • Muss e musse prest s’intindin. (Asino e asina presto s’intendono)
  • La volp lāsse il pel, ma il vīzi no. (La volpe lascia il pelo, ma non il vizio)
  • Nessun plui nemî dall’om, che l’om istess. (Nessuno è più nemico dell’uomo dell’uomo stesso)
  • Lis femminis ogn’an deventin plui ģovins. (Le donne diventano ogni anno più giovani)
  • No si vīv dome cūl pan. (Non si vive di solo pane)
  • Līs robis lungis deventin madracs. (Le cose lunghe diventan serpi)
  • Pan brontolāt no fore i bugei. (Pane dato a malincuore non fora le budella)

Proverbi friulani per ogni circostanza

I proverbi, che siano friulani o di un’altra regione d’Italia, non devono mai essere pronunciati a caso. I significati sono diversi, motivo per cui vanno scelti in base alla circostanza. Di seguito, un’altra selezione di modi di dire del Friuli Venezia Giulia:

  • Il diaul la sa tant lunge, parcē ca l’è viēli. (Il diavolo la sa tanto lunga perché è vecchio)
  • A cuinćā la salate a l’ūl un mat a metti il ueli e un savi a metti l’asēt. (Per condire l’insalata ci vuole un pazzo nel mettere l’olio e un saggio nel mettere l’aceto)
  • L’ūv no l’ha di insegnā alla gialline. (L’uovo non deve insegnare alla gallina)
  • La malizie a cres cu l’etāt. (La malizia cresce con l’età)
  • Il passūt nol crōd al plen di fan. (Il sazio non crede all’affamato)
  • Bisugne temē Dio par amōr e no amālu par timor. (Bisogna temere Dio per amore e non amarlo per timore)
  • A mangiā fritae e polente l’è come balā cu la sō femmine. (Mangiare frittate e polenta è come ballare con la propria donna)
  • Cu la umiltāt si romp la glāce. (Con l’umidità si rompe il ghiaccio)
  • Il vin di ćāse nol inćoche. (Il vino di casa non ubriaca)
  • A vuelin siet umigns a fâ une ciase, e baste una femine a sdrumâle. (Ci vogliono sette uomini per fare una casa, ma basta una donna per distruggerla)
  • Il formadi a l’è il sigillum stomaci. (Il formaggio è il sigillum stomaci)
  • Cui ca l’è mat nol uaris mai e s’al uaris l’è fortunat assai. (Chi è pazzo non guarisce mai e se guarisce è fortunato assai)
  • Ai prēdi si dai la crodeuće. (Ai preti si dà la cotica)
  • Cui che ame i giaz, ame lis femminis. (Chi ama i gatti ama le donne)
  • Il fūc l’è mieģe compagnie. (Il fuoco è metà compagnia)
  • Amî di dug, amî di nissun. (Amico di tutti, amico di nessuno)
  • Il māl l’è un trist compagn. (La malattia è un maligno compagno)
  • L’ultim tabār l’è fat sense sachetis. (L’ultimo mantello è cucito senza tasche)
  • Cui grans si fâs il stâr. (Granello dopo granello si riempie lo staio)
  • Dure plui une cite sclapade che une gnove. (Dura più una pentola lesionata che una nuova)
  • Cul timp e cu la pae si madressin i gnespui. (Col tempo e con la paglia si maturano le nespole)
  • Dōs rōbis son buinis dōpo muartis: avar e purćit. (Due cose sono buone dopo esser morte: avaro e maiale)
  • L’è un trist ucel chel ca nol puarte cun se la plume. (È un triste uccello quello che non porta con sé le piume)
  • Gialine viere fās bon brūt. (Gallina vecchia fa buon brodo)
  • Il caffè l’è bon cun tre S: sedendo, scottando e scroccando. (Il caffè è buono con tre S: seduti, bollente e a scrocco)
  • L’è miei jessi in disgraćie di Dio che da justizie. (È meglio essere in disgrazia di Dio che della giustizia)
  • Pan d’un dì ūv d’un’ore lat d’un minūt e vin d’un an. (Pane di un giorno, uova di un’ora, latte di un minuto e vino di un anno)

Proverbi del Venezia Giulia: i più famosi

Essendo direttamente frutto della tradizione popolare, i proverbi del Venezia Giulia non possono che essere in dialetto. Di seguito vi proponiamo una lista di quelli più famosi e del loro significato:

  • Un pare mantien diese fioi; ma diese fioi no xe boni de mantegnir un pare (Un padre mantiene dieci figli; ma dieci figli non sono capaci di mantenere un padre)
  • Chi parla assai disi busie. (Chi parla troppo dice bugie)
  • Vedi Napoli e dopo mori, vedi Venezia e po’ discori. (Vedi Napoli e dopo muori, vedi Venezia e poi parli)
  • Chi xe fortunà in amor, che no’l zoghi a carte. (Chi è fortunato in amore, non giochi a carte)
  • Dotor vecio e barbier giovine. (Medico vecchio e barbiere giovane.)
  • L’esperienza xe la maestra dei popoli. (L’esperienza è la maestra dei popoli)
  • Saludar xe cortesia, risponder xe dover. (Salutare è cortesia, rispondere è dovere)
  • No bisogna lassar la strada vecia per la nova. (Non bisogna lasciare la strada vecchia per la nuova)
  • Per andar a Roma xe ‘ssai strade. (Per andare a Roma ci sono molte strade)
  • Tre volte bon tre volte mona. (Tre volte buono, tre vote stupido)
  • Se l’invidia fussi febre, tuto el mondo l’averebe. (Se l’invidia fosse febbre, tutto il mondo l’avrebbe)
  • La lingua ferissi più che una spada. (La lingua ferisce più di una spada)
  • La prima se perdona, la seconda se amonissi, la terza se bastona. (La prima si perdona, la seconda si ammonisce, la terza si bastona)
  • La molie, la pipa e l’ombrela, no se impresta. (La moglie, la pipa e l’ombrello non si prestano)
  • Bisogna baiar drio de la musica (Bisogna ballare dietro alla musica)
  • Chi roba poco va in galera, chi assai va in caroza. (Chi ruba poco va in galera, chi ruba molto va in carrozza)
  • L’ìnvidia se ròsiga sola. (L’invidia si rovina da sola)
  • Al vilan, mostrighe ‘l dedo, el ciapa la man. (Al villano, mostragli il dito, lui prende la mano)
  • Anche i muri ga orecie. (Anche i muri hanno le orecchie)

Proverbi legati al mondo della natura

I modi di dire del Venezia Giulia hanno le loro radici nel mondo contadino. Per questo motivo ci sono moltissimi proverbi che parlano di stagioni, luna, usanze, ricorrenze, animali, meteorologia e coltivazioni. Ecco una selezione di proverbi giuliani legati al mondo della natura e il loro significato:

  • Speta mus, che l’erba cressi. (Aspetta un po’, che l’erba cresca)
  • A maridâsi si sta ben un mês, a copâ il purcit un an. (A sposarsi si sta bene un mese, ad ammazzare il maiale un anno)
  • Chi no semena, no racolge. (Chi non semina non raccoglie)
  • De april, ogni jozza xe un baril. (Di aprile, ogni goccia è un barile)
  • Nol è miluç tant dûr che cul timp nol deventi madûr. (Non c’è mela tanto dura che col tempo non maturi)
  • Una volta sola se mena l’asino sul jazo. (Una volta sola si porta l’asino al giaciglio)
  • El pan dei altri xe tropo salà. (Il pane degli altri è troppo salato)
  • Anca el can col menar la coda el se guadagna le spese. (Cane che muove la coda si guadagna il pane)
  • Tera negra fa bon pan, tera bianca nanca un gran. (Terra nera fa buon pane, terra bianca non fa nemmeno un grano)
  • Luna sentada, mariner in píe, luna in píe, mariner sentà. (Luna seduta, marinaio in piedi; luna in piedi, marinaio seduto)
  • El fruto casca poco lontan de l’alboro. (Il frutto non cade molto lontano dall’albero)
  • Chi vol far un mestier, che no ‘l sa, fa el brodo nel pianer. (Chi vuole fare un mestiere che non conosce, fa il brodo nel piattino)
  • Pan de fradel, pan de cortel. (Pane di fratello, pane di coltello)
  • A can che leca zenere, no ghe negar farina. (Al cane che lecca cenere, non negare la farina)
  • Co’ i nuvoli fa lana, la piova no xe lontana. (Quando le nuvole fanno lana, la pioggia non è lontana)
  • Rosso de sera, bon tempo se spera; rosso de matina, la piova se avizina. (Rosso di sera, bel tempo si spera; rosso di mattina, la pioggia si avvicina)
  • El bosco no ga ne orecie, ne occì, ma el vedi e el senti. (Il bosco non ha nè orecchie nè occhi, ma vede e sente)