La procreazione assistita anche definita fecondazione artificiale aiuta le coppie a ottenere una gravidanza, vediamo in cosa consiste.
Dai dati su gravidanza e parto rilevati dal Rapporto CeDAP (Certificato di Assistenza al Parto) riferito all’anno 2019 emerge che 3,06 gravidanze su 100 hanno fatto ricorso alla procreazione assistita. Quando si parla di procreazione medicalmente assistita ci si riferisce a quelle tecniche che vengono adoperate per favorire il concepimento. Ma in quali casi è possibile ricorrere a questi metodi? Vediamo cosa dicono le linee guida nel nostro paese.
Procreazione assistita: cos’è
Lo scopo della procreazione medicalmente assistita è quello di aiutare le coppie con problemi di infertilità ad aumentare le probabilità di ottenere una gravidanza. Si ricorre a questa soluzione quando il concepimento spontaneo non si riesce a ottenere e nel caso in cui gli altri interventi o trattamenti risultino essere inadeguati.
Nello specifico ricordiamo che si parla di infertilità, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quando non si raggiunge il concepimento dopo 12 o 24 mesi di rapporti regolari e mirati all’ottenimento della gravidanza. In Italia il fenomeno interessa circa il 15% delle coppie, mentre nel mondo circa il 10-12%.
Tecniche di procreazione medicalmente assistita
Parlando di tecniche di PMA, per prima cosa occorre distinguere tra procreazione assistita eterologa ed omologa. Con queste due definizioni ci si riferisce alla provenienza dei gameti: nell’omologa ovociti e/o spermatozoi coinvolti appartengono alla coppia, mentre nell’eterologa provengono da persone esterne. Ricordiamo che in Italia vigeva il divieto di fecondazione eterologa fino al 2014, ma oggi si può ricorrere a queste tecniche con donatori esterni. Si può trovare l’elenco dei centri a cui rivolgersi nel registro nazionale PMA.
Le metodiche previste per la PMA vengono suddivise in tre livelli in funzione della complessità della tecnica e del grado di invasività. Si parte sempre da tecniche poco invasive per poi valutare la necessità di ricorrere a quelle più complesse. Nello specifico le tecniche di primo livello rientrano nelle procedure di fecondazione in vivo e includono l’inseminazione intrauterina. In questo caso il liquido seminale viene preparato, prima di essere introdotto nella cavità uterina. Le tecniche di secondo e terzo livello si riferiscono, invece, alla fecondazione in vitro. In questi casi, infatti, l’incontro tra i gameti (spermatozoo e ovocita) non avviene all’interno del corpo della donna, ma viene effettuato all’esterno. Solo dopo la fecondazione, l’embrione viene quindi trasferito nell’utero.