La Regione Lazio ha revocato il patrocinio al Pride Roma: scoppia la polemica sulla gestazione per altri. Resta il sostegno del Comune.
Il Pride Roma diventa terreno di scontro per la politica. Non che sia una novità , considerando il fatto che la manifestazione non è semplicemente l’occasione per festeggiare l’orgoglio della comunità LGBTQIA+, ma soprattutto l’occasione per ribadire la necessità di uguali diritti per tutti i cittadini italiani.
Stavolta le polemiche si sono spostate, dalle parole di Arisa, costretta a fare un passo indietro (a favore di Paola & Chiara, scelte come nuove madrine), ai fatti concreti, con la Regione Lazio che ha deciso di revocare il patrocinio alla manifestazione del 10 giugno. E il motivo riguarda una battaglia politica già portata in Parlamento.
Perché la Regione Lazio non sostiene il Pride Roma
Fermo restando che il Comune, per decisione del sindaco Gualtieri, continuerà a sostenere la manifestazione del 10 giugno, sorprende fino a un certo punto la scelta della Regione Lazio. L’amministrazione di centrodestra non ha voluto infatti dare il proprio appoggio a una manifestazione che, si legge in un comunicato, promuove “comportamenti illegali, con specifico riferimento alla pratica del cosiddetto utero in affitto“.
L’oggetto del contendere, a quanto pare, è infatti la gestazione per altri, una pratica che in Italia non è legale. Ma questo non basta ad alcuni esponenti del centrodestra, che starebbero lavorando a un disegno di legge per trasformare questa pratica in un reato universale.
La polemica per la ‘maternità surrogata’
La questione era sorta con grande forza nelle scorse settimane dopo che Nicola Colamarino, presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, si era detto soddisfatto per la decisione della Regione di appoggiare la manifestazione e le rivendicazioni del popolo LGBTQIA+ nonostante la “trappola dei pregiudizi ideologici“, prendendo le distanze da chi in Parlamento vorrebbe rendere la nascita di figli e figlie un reato universale, perseguibile anche se realizzata all’estero.
Parole che avevano portato a una prima contestazione da parte di Jacopo Coghe, portavoce della onlus Pro vita e famiglia, che aveva accusato la Regione di “schizofrenia“. E poi alla decisione della Regione, solo all’apparenza coerente, di fare un passo indietro e togliere il proprio sostegno. Una scelta che ha fatto infuriare le parti in causa, come confermato dallo stesso Colamarino, che ha accusato la Regione di “eseguire gli ordini di Pro vita“.
La reazione del centrodestra
E mentre non si contano le reazioni furiose da parte di molti esponenti del centrosinistra, non solo nel Lazio, è arrivata nelle scorse ore la presa di posizione più che soddisfatta della stessa associazione Pro vita, che ha sottolineato come supportare i Pride significhi “dare man forte a chi vuole legalizzare l’utero in affitto, il matrimonio egualitario, le adozioni per coppie dello stesso sesso, le trascrizioni anagrafiche per i ‘figli’ delle coppie gay, ma anche legittimare l’identità di genere, il self-id, i progetti gender nelle scuole e la carriera alias“.
Ma una posizione di questo tipo, molto compiacente, è stata espressa pubblicamente anche da Fratelli d’Italia, il partito oggi al governo, e da Matteo Salvini, che su Twitter si è lasciato andare a un lapidario: “Sostegno alla propaganda dell’utero in affitto? No, grazie“.