Poesie di Eugenio Montale: i cinque componimenti più toccanti

Poesie di Eugenio Montale: i cinque componimenti più toccanti

Vi proponiamo una selezione delle cinque poesie più belle di Eugenio Montale, premio Nobel per la Letteratura nel 1975.

Le poesie di Eugenio Montale, o forse sarebbe il caso di parlare di tutte le sue opere, raccontano di una grande e incessante ricerca del senso più profondo dell’esistenza. Forse è proprio per questo che riescono ad essere toccanti. Vediamo quali sono i suoi componimenti più belli.

Le più belle poesie di Eugenio Montale

Considerato uno dei più grandi poeti del Novecento, Eugenio Montale è scomparso il 12 settembre 1981, all’età di 85 anni. Anche se ha avuto un’esistenza lunga, se paragonato ad altri autori, ha scritto relativamente poco. Ci ha lasciato diversi libri di traduzioni in prosa, quattro raccolte di brevi liriche, un testo di prose di fantasia, due volumi di critica letteraria, un quaderno di traduzioni di poesia e alcuni articoli pubblicati dal Corriere della Sera. Premio Nobel per la letteratura nel 1975, Montale ha scritto poesie davvero toccanti. Vi proponiamo i cinque componimenti più belli.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Esitammo un istante

Esitammo un istante
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.
Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c’è chi la chiama spleen
e chi malinconia.
Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intelligibile
che può dar senso al tutto.

La solitudine

Se mi allontano due giorni
i piccioni che beccano
sul davanzale
entrano in agitazione
secondo i loro obblighi corporativi.
Al mio ritorno l’ordine si rifà
con supplemento di briciole
e disappunto del merlo che fa la spola
tra il venerato dirimpettaio e me.
A così poco è ridotta la mia famiglia.
E c’è chi ne ha una o due, che spreco, ahimè!

Nel fumo

Quante volte t’ho atteso alla stazione
nel freddo, nella nebbia. Passeggiavo
tossicchiando, comprando giornali innominabili,
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo!
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una
sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo.
poi apparivi, ultima. È un ricordo
tra tanti altri. Nel sogno mi perseguita.

La vita oscilla

La vita oscilla
tra il sublime e l’immondo
con qualche propensione
per il secondo
ne sapremo di più
dopo le ultime elezioni
che si terranno lassù
o laggiù o in nessun luogo
perché siamo già eletti
tutti quanti
e chi non lo fu
sta assai meglio quaggiù
e quando se ne accorge
è troppo tardi.
Les jeux sont faits
dice il croupier, per l’ultima volta
e il suo cucchiaione
spazza le carte.