Omicron 2 e reinfezioni, qual è il rischio?

Omicron 2 e reinfezioni, qual è il rischio?

Qual è la possibilità di reinfezione ora che la variante Omicron si sta continuando a diffondere? E chi è più a rischio?

Mentre è in aumento la diffusione della variante Omicron e con paesi come la Danimarca in cui si stanno diffondendo entrambe le sottovarianti BA.1 e BA.2, si registra anche un aumento di infezioni in persone già contagiate. Quali sono le probabilità di ricontagiarsi? Facciamo il punto su Omicron 2 e reinfezioni e vediamo quali sono i tassi registrati finora.

Omicron 2 e reinfezioni

Con la diffusione della variante Omicron è stato registrato un aumento di casi di reinfezioni da Coronavirus. Si tratta di un andamento diverso rispetto a quello che si era osservato con le varianti precedenti. Le reinfezioni interessano persone che erano state contagiate da altre varianti, invece, chi è stato contagiato dalla variante Omicron dovrebbe essere perlopiù protetto dalle sottovarianti, come da BA.2.

Variante Omicron

Nell’ultimo report rilasciato dall’Istituto Superiore di Sanità l’11 marzo, si fa rifermento a una percentuale di reinfezioni pari al 3,3% sul totale dei casi. La percentuale, calcolata sull’ultima settimana dei dati risulta essere stabile rispetto alla settimana precedente. Nel rapporto vengono anche evidenziati i gruppi più a rischio reinfezione, in base ai dati raccolti fino a questo momento e a partire dal 6 dicembre 2021, vale a dire il periodo preso come riferimento come inizio della diffusione della variante Omicron. Vediamo quali categorie sono più a rischio.

Chi è più a rischio reinfezione?

Secondo il rapporto dell’ISS, ci sono alcune categorie più a rischio reinfezione. Per esempio i non vaccinati o vaccinati da oltre 120 giorni si parla di rischio relativo in confronto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni. Inoltre c’è un maggiore rischio per chi ha avuto una prima infezione da lungo tempo (oltre 210 giorni), rispetto a chi l’ha avuta in un periodo più ravvicinato, tra i 90 e i 210 giorni.

È stata anche registrato un rischio maggiore nelle fasce di età più giovani e in particolare dai 12 ai 49, la spiegazione potrebbe essere attribuibile allo stile di vita e quindi ai “comportamenti ed esposizioni a maggior rischio” rispetto alle altre fasce d’età. Allo stesso modo sembra esserci un rischio maggiore nelle donne rispetto agli uomini, attribuibile in questo caso alla “maggior presenza di donne in ambito scolastico” e quindi dipende dal fatto che vengono sottoposte più di frequente a screening.

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