Mascherina che si autosanifica: il prototipo tecnologico realizzato dall’Università di Siena per combattere il Coronavirus. Ecco come funziona.
Continua la sperimentazione contro il Coronavirus: una mascherina che si autosanifica potrebbe presto essere disponibile sul mercato. Un gruppo di ricerca dell’Università di Siena, guidato da Marco Mugnaini, Ada Fort e Valerio Vignoli, ha creato un prototipo di mascherina attiva, in grado di pulirsi da sola attraverso dei led.
Un progetto innovativo portato avanti in collaborazione con il team guidato dalla professoressa Maria Grazia Cusi del dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Ateneo toscano e della professoressa Claudia Fiorillo del dipartimento di Scienze biomediche sperimentali dell’Università di Firenze.
La mascherina che si autosanifica: come funziona
Ma come è possibile che una mascherina possa sanificarsi da sola? Grazie ai led e alle radiazioni Uv-C. Il prototipo ha infatti non solo dei filtri, ma uno spazio illuminato attivamente da led nel campo della lunghezza d’onda Uv-C, in grado di sanificare sia droplet in ingresso che in uscita.
Spiega il professor Mugnaini, come riportato da Adnkronos: “Abbiamo verificato l’effetto disinfettante delle radiazioni Uv-C in vitro su campioni titolati del virus isolato, confermando il principio sanificante“.
Non solo. Il team di ricerca starebbe infatti pensando di rivestire i filtri con una soluzione a base di biossido di Titanio, che aumenterebbe l’effetto antivirale della mascherina. In questo modo il dispositivo potrebbe essere riutilizzato semplicemente sostituendo i filtri, soluzione che avrebbe dei benefici anche rispetto all’impatto ambientale dello smaltimento delle mascherine tradizionali.
Mascherina hi-tec: il prototipo che si pulisce da solo
Il prototipo è stato progettato da Sferatech e si basa sll’utilizzo di un’elettronica a basso consumo che possa permettere al dispositivo di rimanere alimentato per non meno di quattro ore di accensione continua.
Nella presentazione dello studio il professor Mugnaini ha concluso affermando che questa tecnologia non solo doterebbe gli operatori sanitari di un dispositivo particolarmente efficiente nella lotta al Coronavirus, ma potrebbe aprire anche nuove strade nella realizzazione di sistemi di sanificazione degli ambienti low cost e a basso consumo energetico.
Insomma, un doppio passo in avanti per rendere la lotta al Covid-19 non solo più semplice, ma anche più sostenibile.
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