Aborto: cosa stabilisce la legge 194 sull’interruzione di gravidanza?

Aborto: cosa stabilisce la legge 194 sull’interruzione di gravidanza?

Con la legge 194 si stabiliscono le modalità di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, vediamo com’è nata e cosa dice.

La legge 194 del 1978, conosciuta più semplicemente come legge 194, regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro paese. Prima dell’approvazione di questa legge e quindi prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza era considerata un reato dal codice penale italiano. Vediamo cosa dice la legge 194 e qual è stato l’iter che ha portato alla sua emanazione.

Legge 194 sull’aborto: il referendum e l’iter legislativo

Prima che venisse approvata la legge 194/78 l’interruzione volontaria di gravidanza era considerata un reato. Negli anni che precedettero l’emanazione della legge, precisamente nel 1973, nacque il CISA (Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto). L’organismo, tra i cui fondatori ricordiamo anche Emma Bonino, aveva lo scopo di informare e di contrastare l’aborto clandestino.

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Nel 1975 L’Espresso e la Lega 13 maggio, sostenuti dal movimento di liberazione della donna e dal partito radicale, presentavano la richiesta di un referendum abrogativo riguardo agli articoli del codice penale che stabilivano i reati d’aborto. Si raggiunse quindi la prima sentenza della Corte Costituzionale che permetteva di ricorrere all’interruzione di gravidanza per motivi gravi ovvero per situazioni che mettevano a rischio la salute della gestante. Tre anni più tardi, il 22 maggio del 1978, fu approvata la legge 194 e furono abrogati i reati del codice penale. Nel 1980 il Movimento per la Vita richiese un referendum abrogativo con l’obiettivo di impedire l’aborto per scopi non terapeutici. Il referendum, che si tenne nel 1981, ebbe esito negativo e la legge non subì variazioni.

Legge 194: cosa dice?

La legge 194 stabilisce il diritto di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione. Nella legge vengono indicati i casi in cui sia possibile ricorrere all’aborto, le procedure da seguire e possibilità del personale sanitario di invocare l’obiezione di coscienza. Nello specifico nella legge viene stabilito il ruolo dei consultori che hanno il dovere di informare la gestante sui suoi diritti e aiutarla (laddove possibile) a superare le cause che possono portare all’interruzione di gravidanza. Vediamo quali sono gli articoli principali della legge.

Interruzione di gravidanza: la legge

Nell’articolo 4 della legge 194 si stabiliscono i casi in cui è possibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.

Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico […] o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

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L’interruzione volontaria di gravidanza è consentita dopo i primi 90 giorni solo nei seguenti casi, stabiliti nell’articolo 6 della legge:

quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Riguardo all’obiezione di coscienza, la legge 194 stabilisce che:

L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.