Per questi brand tutti i giorni è la Giornata della Terra

Per questi brand tutti i giorni è la Giornata della Terra

Celebrata da pochi giorni, la Giornata della Terra (o Earth Day) è arrivata al suo 50esimo anniversario ed è il momento in cui le persone di tutto il mondo ricordano l’importanza della salvaguardia del pianeta.

Anche la moda si schiera dalla parte della Terra con organizzazioni, istituzioni ed eventi dedicati. Il Copenhagen Fashion Summit è sicuramente uno degli esempi più autorevoli con risonanza internazionale: dal 2009 è un evento imperdibile a cui partecipano esperti della sfera della sostenibilità e personalità del fashion per mettere in luce le criticità, i traguardi raggiunti e i nuovi obiettivi comuni. Concepito in Italia, invece, il Green Carpet Fashion Award, istituito dalla Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con Eco-Age, per premiare le aziende che adottano linee guida sostenibili e che si impegnano a preservare il know-how e la manodopera dei piccoli produttori.

Al di là delle associazioni e dei summit, ogni singolo brand può contribuire ad un futuro più verde: molti si sono specializzati nell’utilizzo di materiali riciclabili per ridurre al minimo l’impronta ecologica, alcuni ricorrono all’upcycling come strumento principe dell’economia circolare, altri ancora sfruttano la loro notorietà per lanciare un forte messaggio di denuncia e di speranza.

Hearth Day

Le donne schierate dalla parte della Terra

Aprono questo breve elogio le donne che denunciano gli sprechi dilaganti nella moda e sottolineano l’importanza di guardare sempre e solo alla qualità (ripudiando la quantità). Gabriela Hearst, una delle punte di diamante del progetto LVR Sustainable di LuisaViaRoma, è il perfetto esempio di sostenibilità applicata all’abbigliamento di lusso.

In un’intervista esclusiva per l’e-tailer italiano, la designer racconta come la sua infanzia trascorsa nel suo ranch in Uruguay sia stata una grande fonte d’ispirazione per il suo brand, improntato fin dal primo giorno a valori nobili, come la cura delle cose e il legame con la natura. Per le sue collezioni, infatti, Gabriela utilizza soltanto fibre naturali certificate e materiali rigenerati come il cashmere e la seta.

Al cotone, preferisce il lino trattato con l’aloe, perché a basso impatto ambientale per il minor assorbimento di acqua e, invece del classico packaging, utilizza buste compostabili in Tipa, un materiale miracoloso che nel giro di 6 mesi ritorna alla terra senza lasciare traccia. E se questo non ci sembra abbastanza, ci basta allargare la lente d’indagine sui suoi due flagship store di New York e Londra per capire che la designer fa sul serio.

Il primo è stato realizzato in quercia non trattata, è dotato di sensori luminosi che determinano l’accensione delle luci solo al passaggio di persone e ha visto il 90% dei materiali di scarto del progetto riutilizzati per costruzioni successive; il secondo è stato interamente costruito con materiali riciclati.

In fatto di qualità e lotta al fast fashion, invece, il brand ha preso posizione quando, introducendo la linea di borse, ha scelto una produzione limitata e una distribuzione C2C, per diminuire l’offerta e ribadire il concetto di shopping responsabile anche dove i brand generalmente hanno più margine di guadagno. Ma è con la sfilata Autunno Inverno 20/21 che Gabriela ha lanciato un messaggio forte e chiaro, organizzando la prima sfilata carbon-neutral della storia, con nuove creazioni nate da tessuti rigenerati e dal ri-assemblaggio di tappeti turchi e vecchi capi d’abbigliamento.

Dello stesso partito dell’imprenditrice uruguaiana è la paladina della moda green, Stella McCartney, una delle prime a prendere questa strada puntando tutto sul ricondizionamento delle fibre e sull’economia circolare. Tanto per iniziare, il brand ha ridotto del 92% il suo impatto ambientale in relazione all’utilizzo del cashmere, utilizzando soltanto quello ricondizionato, morbido e pregiato come quello vergine, ma con una bassissima impronta ecologica.

In questo senso, tanti altri materiali vengono celebrati o evitati nelle sue collezioni. La viscosa è tracciata ed è ricavata soltanto da foreste protette da pratiche sostenibili; il cotone impiegato è quello organico, che permette di arrestare l’uso di sostanze chimiche tossiche e migliorare le condizioni e la ritenzione idrica del terreno.

Al posto della vera pelle, il brand ha introdotto valide alternative sintetiche e vegetali, che garantiscono lo stesso effetto finale per collezioni orgogliose di essere cruelty-free; i materiali sintetici come il nylon e il poliestere sono riciclati e riciclabili e i metalli selezionati sono tutti a basso impatto ambientale e facilmente riutilizzabili. Per spiegare la filosofia di Stella McCartney si può accennare a cifre e percentuali concrete, ma basta pensare al concetto di circolarità per apprezzare la sua Mission: di contro a una tendenza che aumenta la quantità di unità prodotte e non si cura della domanda reale, il brand si impegna a eliminare gli sprechi attraverso una produzione consapevole e a un impiego intelligente e duraturo di ogni materiale.

Se c’è chi produce nuove collezioni in modo responsabile partendo da zero, c’è chi invece concretizza la propria vocazione green attraverso l’upcycling, per dare nuova vita ai capi attraverso nuove forme e impieghi. Uno dei brand che nobilita questa tecnica è Moiré, una delle new entry della selezione di LuisaViaRoma, con cui l’e-commerce ha collaborato per una capsule collection di tre giacche e due paia di jeans, disponibili in esclusiva sulla piattaforma online.

Nell’intervista che Charlotte e Linn hanno rilasciato per LVR, si capisce come la città di Oslo abbia lottato per prospettive eco-friendly in ogni campo della moda e si ha la conferma che per i nuovi talenti, conscious luxury significhi rispetto per l’ambiente. Le due creative si sono incontrate per la prima volta durante gli studi in Inghilterra e poi qualche anno dopo la laurea, quando entrambe già stavano lavorando per importanti brand scandinavi nel settore della moda. Deluse dalla realtà del fast fashion, sognavano di creare qualcosa di diverso.

La Moiré Agency è nata quasi per caso: in tanti le contattavano per ricevere consulenza su come avviare il proprio brand. Così, dopo varie esperienze a servizio di altre aziende, le due decidono di creare un nuovo brand partendo da zero, ridefinendo il concetto di denim attraverso capi unici, personali e senza tempo.

Linn e Charlotte vedono la sostenibilità come uno strumento pedagogico inclusivo che può aiutare le persone a sentirsi bene con se stesse e ad avere cura dell’ambiente in cui vivono. Dello stesso parere sembra essere Re/Done, il brand di Los Angeles che ha conquistato i cuori degli appassionati di jeans vintage riproponendoli in creazioni nuove di zecca da indossare per sempre. Creato da Sean Barron e Jamie Mazur, Re/Done è un inno al passato, all’autenticità e al denim, che indubbiamente migliora con il passare degli anni.

Ogni paio di jeans nasce dalla destrutturazione e dalla ricostruzione dei modelli Levi’s più iconici, raccontando una storia diversa ogni volta. L’effetto dei lavaggi è unico e irreplicabile per le esperienze di vita che hanno avuto le persone che hanno indossato quel jeans negli anni precedenti e le varie rivisitazioni (distressed, frayed, patchwork…) sono prodotte in quantità limitate con lavorazioni a basso consumo idrico e prive di agenti chimici aggressivi.

Con le sue creazioni, insomma, il brand di LA vuole ricordarci che è fondamentale investire nella qualità di ciò che scegliamo, per evitare di sovraffollare i nostri guardaroba con alternative che ben presto cadranno nel dimenticatoio.

Infine, è doveroso citare i nomi che si sono distinti per la loro capacità di divulgare un tema così importante come la tutela ambientale. Il primo è quello di Vivienne Westwood, che nel 2019 è stata premiata al London Design Festival per gli innumerevoli successi ottenuti nel corso della sua carriera.

Fin dalla sua prima boutique del ‘71 a King’s Road, Vivienne ha portato il suo spirito punk nelle campagne più sentite in nome del pianeta. Negli anni si è vista complice delle Nazioni Unite con collezioni non-profit, in marcia insieme a Cool Earth e Greenpeace (di cui è anche ambassador) e in passerella, con sfilate dense di significato. La stilista inglese è stata una delle prime a gridare al mondo l’urgenza di una partecipazione collettiva alla protezione dell’ambiente, già quando nel 2012 annunciava la sua Climate Revolution.

Qualche mese fa, invece, Vivienne ha collaborato con LuisaViaRoma con lo scopo di sensibilizzare i fashion lover sui preoccupanti cambiamenti climatici e con l’auspicio di promuovere iniziative volte a frenarli. Frutto di questo progetto, la t-shirt Climate Revolution in cotone organico è disponibile in esclusiva sul sito dell’e-commerce dallo scorso 9 dicembre.

Più teatrale,  il messaggio di Demna Gvasalia, che per l’ultima sfilata di Balenciaga ha messo in scena un setting apocalittico, aiutato dal regista francese Luc Besson. Con la collezione Autunno Inverno 20/21, il designer georgiano riflette sugli scarsi interventi dell’uomo per prevenire i disastri ambientali che a poco a poco stanno avvicinando il mondo alla sua tragica fine.

I capi che presenta a Parigi oscillano fra l’abbigliamento sportivo, le tute da motocross e il ready-to-wear e sono visti come uno scudo, una protezione, un rifugio dai cataclismi incontrollabili e dalla noncuranza dei decisori politici. Gli strumenti artistici di cui il designer si è servito per lanciare il suo appello all’opinione pubblica non sono meno efficaci di una petizione collettiva e fanno riflettere con un linguaggio scenografico molto potente.

Sulle teste degli spettatori, un enorme schermo digitale ricreava le immagini di incendi, inondazioni e uragani incontenibili, riprodotti sulla passerella specchiata per creare un senso di oppressione che impediva agli invitati di sfuggire al messaggio.

Questi modelli da imitare sono solo alcuni dei brand che da anni si impegnano nella protezione ambientale, nella lotta al cambiamento climatico e nella denuncia di un punto di non ritorno. LVR Sustainable, insieme ad altri progetti con lo stesso focus, si propone di celebrare e di far conoscere al mondo proprio queste aziende e questi creativi che fanno bene al pianeta e alle persone, con le loro proposte sostenibili che portano il lusso a un livello ancora più alto.