Vi presentiamo una raccolta delle frasi più belle di Mogol, tratte sia dalle canzoni che dalle interviste che ha rilasciato negli anni.

Giulio Rapetti, in arte Mogol, ha contribuito a scrivere buona parte della storia della musica italiana. Nel corso della sua carriera ha scritto più di 1500 canzoni, che diventano quasi 5000 se si considerano gli arrangiamenti. Vi presentiamo una raccolta di sue frasi, tratte sia dai brani più belli che dalle interviste.

Le frasi trarre dalle canzoni più belle di Mogol

Classe 1936, Mogol è uno dei più grandi parolieri della musica italiana. E’ stato lui a comporre alcune delle canzoni più belle dell’intero panorama discografico italiano, cantate da artisti che si possono considerare il vanto del Belpaese: da Lucio Battisti a Mina, passando per Adriano Celentano. Parliamo di brani indimenticabili che, nonostante siano passati anni e anni dall’uscita, continuano ad essere quotidianamente trasmessi dalle maggiori emittenti radiofoniche.

Di seguito, vi presentiamo una raccolta di frasi tratte dalle canzoni più belle scritte da Mogol:

  • Che anno è, che giorno è? Questo è il tempo di vivere con te. Le mie mani come vedi non tremano più e ho nell’anima, in fondo all’anima, cieli immensi e immenso amore e poi ancora, ancora amore, amor per te. (I giardini di marzo)
  • Anche se soffrirò più di quello che so, anche se già lo so che io mi pentirò, anche se lei per me lascerebbe anche te non faro’ niente per riportarla da me. (Riderà)
  • Che ne sai tu di un campo di grano, poesia di un amore profano, la paura d’esser preso per mano, che ne sai. (Pensieri e parole)
  • Ti stai sbagliando, chi hai visto non è, non è Francesca. Lei è sempre a casa che aspetta me, non è Francesca. Se c’era un uomo, poi, no, non può essere lei. (Non è Francesca)
  • Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare. (Emozioni)
  • Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi, le tue calzette rosse. E l’innocenza sulle gote tue, due arance ancor più rosse. (La canzone del sole)
  • In un mondo che, prigioniero è, respiriamo liberi io e te. (Il mio canto libero)
  • Io non ti conosco, io non so chi sei, so che hai cancellato con un gesto i sogni miei. (Insieme)
  • Non sarà un’avventura, non può essere soltanto una primavera, questo amore non e’ una stella che al mattino se ne va oh no no no no no no. (Un’avventura)
  • Cosa sono ora io? Cosa sono, mio Dio? Resta poco di me. Io che parlo con te, io che parlo con te di Anna, Anna. Voglio Anna. (Anna)
  • Oro oro oro, un diamante per un sì. Oro oro oro, per averti così, distesa pura ma tu ci stai. (Oro)
  • Essere una donna non vuol dire riempire solo una minigonna. (Essere una donna)
  • Acqua azzurra, acqua chiara, con le mani posso finalmente bere. Nei tuoi occhi innocenti posso ancora ritrovare il profumo di un amore puro, puro come il tuo amor. (Acqua azzurra acqua chiara)
  • Ho visto un uomo che moriva per amore, ne ho visto un altro che più lacrime non ha. Nessun coltello mai, ti può ferir di più di un grande amore che ti stringe il cuor. (Dieci Ragazze)
  • Mediterraneo da soffrire sotto il sole. Mediterraneo per morire, siedi qui e lasciati andar così. (Mediterraneo)
  • Non voglio pensar, ma poi ti penso. Apro gli occhi e ti penso ed ho in mente te. (Io ho in mente te)
  • Io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce, e mi manca un po’ il respiro, se ci sei c’è troppa luce. (L’emozione non ha voce)
  • Mi ritorni in mente bella come sei, forse ancor di più. Mi ritorni in mente, dolce come mai, come non sei tu. Un angelo caduto in volo, questo tu ora sei. (Mi ritorni in mente)
  • Ormai, è finita, è finita tra di noi, ma forse un po’ della mia vita è rimasta negli occhi tuoi. (A chi)

Frasi di Giulio Rapetti tratte dalle interviste

Non soltanto per le belle canzoni, Mogol è passato alla storia anche per alcuni aneddoti o pensieri che ha reso pubblici durante le interviste. Di seguito, una raccolta di frasi che meritano di essere ricordate:

  • Credo che in tutti noi ci sia un po’ di Dio. Nei bambini ce n’è di più.
  • Cerco di capire il testo che è dentro la musica, ho sempre fatto così. E ho sempre fatto riferimento ai ricordi reali: “Il carretto passava e quell’uomo gridava: gelati” è la mia infanzia. Ero bambino e ogni dieci giorni passava il gelataio, io correvo dalla mamma a chiederle 10 lire ma sapevo che dopo una certa data i soldi non c’erano più, neanche per me.
  • Lucio (Battisti, ndr) colpisce solo esistendo. Non faceva nulla per colpire, anche da solo con la chitarra.
  • Rino Gaetano la gente lo ricorda, passano gli anni e lui diventa importante. È un’alchimia, è indecifrabile veramente, secondo me è la sua libertà d’artista, la sua non appartenenza a nessun codice.
  • Mango era un artista generoso. Aveva una gentilezza d’animo e una sensibilità eccezionale, come ha potuto vedere tutta l’Italia quando si è sentito male sul palco. Era un lucano Doc, un artista diverso con una unicità particolare non rintracciabile anche in altri grandi artisti.
  • Tra me e Lucio Battisti c’era una grandissima stima reciproca, una stima esagerata. Io pensavo che lui fosse un musicista straordinario, lui pensava che io fossi un grande poeta.
  • Se alcune canzoni di Rino Gaetano sono ancora vive, questa è la prova del nove. Voglio dire, sono canzoni adatte ad ogni tempo, ad ogni era, ad ogni stagione.
  • Lucio (Battisti, ndr) era un “testone”, un perfezionista maniacale: studiava 8-9 ore al giorno. Come tutti i veri geni, sapeva che il talento non porta da nessuna parte se non è accompagnato dalla volontà di migliorarsi sempre.
  • Nella musica di oggi ne sento pochi di ideali, mi rifaccio ad alcuni degli ultimi nostri corsi (al Cet, Centro Europeo Toscolano), ho notato che c’è il gelo. Nella musica di oggi è subentrata una forma anche di individualismo, non splende più il sole… La musica trap parla di violenza, droghe, soldi. Questo ho avuto modo di accertarlo anche nella mia scuola, non c’è più un discorso basato sul sentimento, solare. Si punta molto sull’individualismo, sul gelo. Questo è un fatto preoccupante.
  • Nei suoi ultimi giorni, quando era in ospedale, gli scrissi una lettera, affidandola a un’infermiera. Diceva: “Caro Lucio (Battisti, ndr), spero che i giornali esagerino come sempre, però se hai bisogno io sono qui”. Non seppi se l’aveva ricevuta oppure no fino a dieci anni dopo, quando scoprii che un medico gliel’aveva consegnata. Vide Lucio, in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità, leggerla e poi mettersi a piangere.
  • Negli anni Settanta fecero piangere De Gregori quando lo accusarono, lui di sinistra, di essere uno sporco miliardario. E il ’68 era stato una follia: o eri falce e martello, Mao, o eri un fascista. A Lucio Battisti dissi: “Non andare più in giro, finiranno per sputarti addosso, meglio stare a casa che essere contestato nei concerti”.
  • Se vedo nella musica attuale qualche suo erede? Come scriveva Lucio Battisti lo faceva solo lui. Era unico. Come Mango scriveva da Mango, Lucio Dalla da Lucio Dalla, non ci sono eredi di questi artisti. C’è sicuramente chi scrive bene, ma non è certo ai livelli di questi compositori.

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ultimo aggiornamento: 25 Luglio 2024 18:10


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