Vi presentiamo una raccolta delle frasi più belle e profonde di Gino Paoli, tratte sia dalle canzoni che dalle interviste.

Tra i nomi più importanti della storia della musica italiana non possiamo non annoverare Gino Paoli. Sono suoi, infatti, alcune delle canzoni più belle e profonde dell’intera discografia nostrana. Vi presentiamo una selezione di sue frasi, tratte sia dai brani che dalle interviste.

Frasi tratte dalle canzoni di Gino Paoli

Classe 1934, Gino Paoli ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della musica come cantante di balera. Successivamente, ha fondato una band con gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi, ma il successo è arrivato nel 1960 quando, come solista, ha lanciato la canzone La gatta. Un brano autobiografico, che gli ha definitivamente aperto le porte dell’universo musicale italiano.

Sono tante le canzoni che ha regalato ai fan nel corso della sua carriera: da Senza fine a Sapore di sale, passando per Il cielo in una stanza, Quattro amici, Che cosa c’è e Una lunga storia d’amore. Di seguito, vi presentiamo una raccolta di frasi tratte dai brani più belli di Gino Paoli:

  • C’era una volta una gatta che aveva una macchia nera sul muso e una vecchia soffitta vicino al mare con una finestra a un passo dal cielo blu. Se la chitarra suonavo, la gatta faceva le fusa e una stellina scendeva vicina, vicina poi mi sorrideva e se ne tornava su. (La gatta)
  • Che cosa c’è… c’è che mi sono innamorato di te, c’è che ora non mi importa niente di tutta l’altra gente, di tutta quella gente che non sei tu. (Che cosa c’è)
  • Quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma alberi alberi infiniti. Quando sei qui vicino a me questo soffitto viola no, non esiste più… Io vedo il cielo sopra noi. (Il cielo in una stanza)
  • Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra, quando esci dall’acqua e ti vieni a sdraiare vicino a me, vicino a me. (Sapore di mare)
  • Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, destinati a qualche cosa in più che a una donna e un impiego in banca. (Quattro amici)
  • E il male lo afferrò proprio nel cuore come succede con il primo amore e lei allora lo prese tra le braccia con le manine gli accarezzò la faccia così per sempre si addormentò per riposare come un bambino stanco di giocare. (Il pettirosso)
  • Come ti amo non posso spiegarti, non so cosa sento per te ma se tu mi guardi negli occhi un momento puoi capire anche da te. (Che cosa c’è)
  • Senza fine, tu sei un attimo senza fine, non hai ieri, non hai domani, tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi mani senza fine. (Senza fine)
  • Fai finta che solo per noi due passerà il tempo, ma non passerà questa lunga storia d’amore. Ora è già tardi, ma è presto se tu te ne vai. È troppo tardi, ma è presto se tu te ne vai. (Una lunga storia d’amore)
  • Mio figlio ha cinque anni e cinque convinzioni. Facendo bene i conti ne ha cinque più di me. Se il nero fosse bianco, se il bianco fosse nero sarei poco sicuro di quello che ora so… Io che mi fido solo, di chi mi ha dato il cuore quando non ce l’avevo mio. (Cosa farò da grande)
  • Se non sapessi chi sei forse odierei chi ti ama, ma con quel che so di te mi fanno soltanto pena. Quando sapranno sarà come morire in un giorno, poi se ne andranno da te senza voltarsi più indietro. (Un po’ di pena)
  • Non ci sarà un altro amore, non ci sarà un’altra volta, non ho più il cuore libero. Non c’è spazio per altre storie, non ci sarà un’altra volta, non ci sarà un altro amore. Lo sapevo che da qualche parte esistevi, t’ho cercata, t’ho trovata in mille amori ma ogni volta mancava qualcosa. Sì mancava quel piccolo gesto e alla fine tu, finalmente tu. (Un altro amore)
  • Ti lascio una canzone per coprirti se avrai freddo, ti lascio una canzone da mangiare se avrai fame, ti lascio una canzone da bere se avrai sete, ti lascio una canzone da cantare. (Ti lascio una canzone)
  • Io non ti ho saputo amare, non ti ho saputo dare quel che volevi da me. Ogni parola che ci diciamo è stata detta mille volte, ogni attimo che noi viviamo è stato vissuto mille volte. (Sassi)
  • Io.. io t’offrirò perle di pioggia venute da dove non piove mai, aprirò la terra giù fino nel fondo per coprirti d’oro e di luce e ti porterò dove non c’è più che quel che tu cerchi, quel che tu vuoi, ma non andare via. (Non andare via)
  • Quando sembra che non succeda più ci riporta via come la marea la felicità. Ti riporta via come la marea la felicità. (La bella e la bestia)
  • Ma come si fa a non vendersi l’anima quando sei tu che vorresti comprarmela. Ma come si fa a sprecare anche un attimo quando, quando ti dà la maniera di vivere. Ma tu, tu come fai a parlare d’amore se non sai dare tutto di te… Ecco perché non chiederai niente di me… che non avrai. (Come si fa)
  • Averti addosso come le mie mani, come un colore, come la mia voce, la mia stanchezza, come una gioia nuova, come un regalo. (Averti addosso)

Frasi tratte dalle interviste

Simbolo della canzone d’autore italiana, Gino Paoli ha contribuito anche al lancio di diversi artisti di livello, come Lucio Dalla e Fabrizio De Andrè. Nonostante il successo, la sua vita non è stata tutta rose e fiori, tanto che nel 1963 ha tentato il suicidio. Fortunatamente, è riuscito a scamparla, anche se il proiettile è ancora all’interno del suo corpo, come “un souvenir“. Di seguito, vi presentiamo un’altra raccolta di frasi tratte dalle sue interviste:

  • Ogni suicidio è diverso e privato. È l’unico modo per scegliere: perché le cose cruciali della vita, l’amore e la morte, non si scelgono; tu non scegli di nascere, né di amare, né di morire. Il suicidio è l’unico arrogante modo dato all’uomo per decidere di sé. Ma io sono la dimostrazione che neppure così si riesce a decidere davvero. Il proiettile bucò il cuore e si conficcò nel pericardio, dov’è tuttora incapsulato. Ero a casa da solo. Anna, allora mia moglie, era partita ma aveva lasciato le chiavi a un amico, che poco dopo entrò a vedere come stavo.
  • È bello non rinnegare la vita vissuta. Prima pensavo che avrei fatto meglio a non drogarmi, oggi so che anche quello è servito, farsi non aiuta granché, ma l’ho capito solo più tardi.
  • Censura è una parola che ha evocazioni dittatoriali, eccetera, e con questo si elimina. Ma censura è anche una tua capacità di rispetto per la persona che hai davanti, di rispetto per tuo figlio, per tua moglie… Io in casa di mia madre non dico parolacce, perché? Per rispetto a mia madre.
  • Distribuisco inquietudini, solletico dubbi, pongo domande. Perché il vero compito dell’artista è quello di attivare le idee e di dare un calcio in culo alle coscienze, affinché riprendano a muoversi autonomamente.
  • Genova è una città dal carattere difficile da descrivere. Gelosa, riservata. Scoprirla è un’impresa ostica. Probabilmente tutti gli artisti hanno bisogno di avvertire una compressione, una forza che costringe ad accumulare e accumulare fino alla deflagrazione, e in questo Genova non si risparmia. Ti tiene a distanza, è antipatica.
  • Sono rimasto fuori dal corteo. La ricerca della comodità, del benessere materiale, porterà la nostra società in un baratro definitivo. Non sappiamo più come alimentare il consumismo, mentre pian piano ci erodono la nostra individualità.
  • Una volta avevamo politici che facevano affari. Oggi abbiamo affaristi che fanno politica.
  • Il sistema dell’informazione e il mondo in generale che pompa chi va su per poi fare di tutto per buttarlo giù, e quindi gettarlo nella spazzatura facendo infine finta che non sia mai esistito. Bindi e Lauzi, per esempio. Quando Lauzi sostiene d’essere stato dimenticato dal Premio Tenco perché vota a destra dice la verità. Prova ne è che litigai con gli organizzatori perché non volevano saperne di dare il premio alla carriera a Charles Trenet. Mi dissero che era impossibile perché Trenet aveva sostenuto il governo di Vichy. Eppure lui era e resterà il numero uno del cantautorato, il massimo assoluto per parole e musica.
  • Genova è una citta da dove si è sempre partiti, e da dove si continua a partire. Una volta si partiva per mare, adesso i genovesi partono con la fantasia. Diventare artisti, in qualche maniera, è la sola opportunità che resta al genovese per esprimersi, per cercare di realizzarsi e per avere una ragione di partire. Genova è una città priva di rapporti umani, dove anche i genovesi – se non fanno parte di certe caste – si sentono forestieri. Scrivere poesie, comporre musica è l’unico spazio a portata dei giovani che riserva questa assurda e nello stesso tempo bellissima città. Una città che si odia, ma che si fa anche amare!
  • L’importante è di non fingere di averle capite, le donne.
  • Mia moglie mi dice di uscire, ma per incontrare in giro degli imbecilli preferisco starmene qui.
  • La società si fonda sulla paura, sui “mostri” immaginari che castrano la personalità.
  • Genova sarà una città che andrà avanti quando i genovesi non faranno più questione di quartiere, di Genoa e di Sampdoria. Non capisco il fanatismo e non me ne frega niente d’inimicarmi della gente dicendo così.
  • Il limite della democrazia è che tutti chiacchierano e nessuno governa davvero.
  • D’altra parte invece io sono profondamente genovese per quanto riguarda la parola data: del genovese ti potevi fidare, questo sicuramente, e mi sembra una cosa talmente positiva che copre tutti i difetti che ci sono… che c’erano e che ci sono. Questa è la cosa che mi manca di più. Mi manca questa serietà vera: quando un genovese ti dà la sua parola, “a l’é quélla, e no gh’é nìnte da fâ”.
  • La storia della puttana non va giù ai romanticoni. Ma mica era come oggi. Quando ero ragazzo queste signorine ti svezzavano, ti coccolavano. Una di loro, un giorno, mi diede una sberla. Avevo rimediato brutti voti in pagella e si incazzò. Avrò avuto quindici anni.
  • Dalle donne ho avuto molto perché quelle che ho amato erano tutte straordinarie, chissà se avessi incontrato una stronza.
  • Non credo affatto che tutto finisca con me. Perciò, mi batto per un mondo migliore di come l’ho trovato.

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