Una ricerca americana ha dimostrato che due farmaci sarebbero in grado di migliorare gli effetti della nebbia cerebrale dopo il Long Covid.
Arrivano novità dagli Stati Uniti sul fronte della lotta al Long Covid e ad alcuni dei suoi effetti maggiormente fastidiosi. In particolare la nebbia cerebrale (o nebbia mentale). Sappiamo infatti che i pazienti contagiati dal Coronavirus possono presentare anche dopo la guarigione, per mesi, se non addirittura anni, una serie di disturbi cognitivi che hanno preso durante la pandemia il nome di Long Covid. Non esistono ancora trattamenti approvati contro il sorgere di questa sintomatologia. Tuttavia, secondo una nuova ricerca americana, ci sarebbero almeno due farmaci, finora utilizzati per altre patologie, in grado di combattere questi disturbi cognitivi.
Due farmaci contro il Long Covid
I farmaci coinvolti nello studio condotto da un team di ricerca americano dell’Università di Yale sono l’N-acetilcisteina (NAC), un antiossidante utilizzato per curare traumi cranici o lesioni cerebrali, e la guanfacina, farmaco utilizzato per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, ipertensione, ansia o stress post traumatico.
Secondo quanto rilevato dalla ricerca, la combinazione di questi due farmaci sarebbe in grado di disinnescare la nebbia cerebrale. Quest’ultima nasce infatti da danni alle connessioni neurali in un’area specifica del cervello, con conseguente infiammazione e distruzione delle sinapsi. In tal senso, il NAC riuscirebbe a risultare efficace in quanto in grado di contrastare l’infiammazione del tessuto cerebrale. La guanfancina, invece, riuscirebbe a chiudere i canali del potassio nella corteccia prefrontale, rafforzando le connessioni neurali e di fatto impedendo la distruzione delle sinapsi.
I risultati dello studio e le controindicazioni
Al momento la ricerca è stata coinvolta con dodici pazienti affetti da nebbia mentale dovuta al Long Covid, e in otto casi il risultato sarebbe stato molto efficaci, pur non coinvolgendo gli altri sintomi della malattia. La terapia sperimentale avrebbe infatti migliorato le loro funzioni cognitive, migliorando la memoria di lavoro, l’attenzione e la concentrazione. Solo in due casi ci sarebbero stati effetti collaterali, tra cui pressione bassa e secchezza delle fauci, che avrebbero indotto i pazienti ad abbandonare il trattamento.
Tuttavia, essendo molto esiguo il campione di casi coinvolto nello studio, al momento non è possibile stabilire se i risultati possano essere attendibili o meno. Tuttavia, la ricerca andrà avanti con ancora più forza di prima, come spiegato dal responsabile Fersharaki-Zadeh: “C’è scarsità di trattamenti per la nebbia cerebrale da Long Covid, quindi quando ho continuato a vedere i benefici di questo trattamento nei pazienti ho sentito la necessità di diffondere urgentemente queste informazioni”. Stando così le cose, è probabile che nei prossimi mesi possano arrivare ulteriori test con esiti ancora più indicativi..