Ero in guerra ma non lo sapevo racconta la storia vera di Pierluigi Torregiani, il gioielliere ucciso a Milano il 16 febbraio 1979.
Nel 2006 è uscito nelle librerie Ero in guerra ma non lo sapevo, il libro scritto da Alberto Torregiani (insieme a Stefano Rabozzi) che racconta la storia dell’omicidio di suo padre, Pierluigi Torregiani avvento a Milano il 16 febbraio del 1979. A distanza di 43 anni esatti da quel delitto, mercoledì 16 febbraio 2022 su Rai 1 va in onda il film tratto dall’omonimo libro. Ero in guerra ma non lo sapevo è diretto da Fabio Resinaro e prodotto da Luca Barbareschi, nel cast del film troviamo Francesco Montanari, Laura Chiatti, Alessandro Di Tocco e Maria Vittoria Dallasta.
Ero in guerra ma non lo sapevo: la storia vera
Gli anni ’70 in Italia sono stati i cosiddetti anni di piombo (iniziati in realtà prima, alla fine degli anni ’60, e proseguiti fini agli inizi degli anni ’80). Dalla strage di piazza Fontana in poi, i fatti di sangue per tutta la Penisola si susseguirono.
Il 16 febbraio del 1979 a Milano, davanti al proprio negozio in via Mercantini (a pochi passi da piazza Bausan) fu assassinato il gioielliere e orologiaio Pierluigi Torregiani. Una vera e propria esecuzione da parte dei PAC, un gruppo terrorista d’ispirazione comunista. In precedenza, Torregiani era stato coinvolto in una rapina nelle quale rimase ucciso uno dei rapinatori per via di un colpo di pistola che, a differenza da quanto fu riportato dai giornali dell’epoca, non fu però sparato dal gioielliere.
L’agguato da parte dei Pac il 16 febbraio del 1979 fu una sorta di vendetta per l’omicidio del rapinatore.
Chi era Pierluigi Torregiani
Pierluigi Torregiani era il titolare di una piccola gioielleria nella periferia di Milano. Molto attivo nel sociale ricevente anche l’Ambrogino d’oro per il proprio impegno nel sociale e nella filantropia.
Dopo il tentativo di rapina nella pizzeria Il Transatlantico, dove morì uno dei rapinatori e dove fu ingiustamente accusato, iniziò a ricevere minacce e per questo gli fu assegnata una scorta che, il giorno dell’omicidio, lo dovette lasciare solo perché i poliziotti furono chiamati a intervenire per una rapina.