Il Covid ha portato ad uno stop della mobilità sanitaria: gli italiani hanno smesso di viaggiare per curarsi. I dati sono preoccupanti.
La Fondazione Gimbe ha reso pubblico un report che porta alla luce una situazione preoccupante: dopo il Covid, gli italiani hanno smesso di viaggiare per curarsi. La mobilità sanitaria ha subito un brusco stop e, come se non bastasse, si evidenzia un’altra problematica da non sottovalutare: il settore privato ha superato il pubblico.
Covid, stop alla mobilità sanitaria: gli italiani hanno smesso di viaggiare per curarsi
Con l’esplosione della pandemia da Covid-19, c’è stato un brusco stop della mobilità sanitaria. Questo significa che gli italiani hanno smesso di viaggiare per curarsi. Se in un primo tempo questa soluzione era caldamente consigliata, se non obbligatoria, ad oggi rappresenta un chiaro segnale dell’indebolimento della sanità pubblica. Non solo, dai dati emersi dal report della Fondazione Gimbe si coglie anche un altro dettaglio preoccupante: la maggior parte degli spostamenti sul suolo nostrano avvengono da Sud a Nord. Questo crea l’ennesimo squilibrio tra quanti risiedono in settentrione e quanti, invece, si trovano nel meridione.
Dopo l’avvento del Covid, ma anche prima, le tre regioni che godono di maggiore mobilità sanitaria sono Lombardia (20%), Emilia-Romagna (16,5%) e Veneto (13%). Di seguito troviamo Lazio (8%), Piemonte (7%) e Toscana (5%). Com’è facilmente intuibile, quindi, la maggior parte degli spostamenti avvengono verso strutture sanitarie del Nord Italia. E’ bene sottolineare che l’85,8% dei viaggi sanitari è legato a ricoveri ordinari. Il day hospital riguarda il 69%, mentre le prestazioni di specialistica ambulatoriale il 16%. Il report di Gimbe, oltre ai dati citati fino ad ora, ha portato alla luce un’altra situazione preoccupante.
Il settore privato scavalca quello pubblico
Dopo il Covid, il settore privato ha scavalcato quello pubblico: gli spostamenti verso le cliniche non statali hanno un valore di di 1.422 milioni di euro (53%), mentre le strutture pubbliche 1.279 milioni (47%). “I flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie. E oltre la metà delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale finisce nelle casse delle strutture private, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. (…) E’ impossibile stimare l’impatto economico complessivo della mobilità sanitaria che include, tra gli altri, i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti“, ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.