Contratti a chiamata: come funziona il lavoro con un contratto intermittente e qual è la retribuzione prevista.
Alcuni tuoi amici ti hanno parlato dei contratti a chiamata, ma come funziona questo tipo di lavoro a intermittenza? Chiederselo è più che lecito. Non si tratta infatti della tipologia di lavoro più comune, almeno nel nostro Paese. Anche perché è possibile solo in determinate condizioni e per determinate fasce d’età. Insomma, il lavoro a chiamata non fa per tutti, ma non per questo non va tenuto in considerazione. Scopriamo insieme cosa prevede il contratto intermittente, dalla durata alla retribuzione.
Lavoro a chiamata: come funziona il contratto intermittente
Prima di entrare nel dettaglio, cerchiamo di capire bene cosa la legge italiana intenda per contratto di lavoro a intermittente. Si tratta di quella tipologia di accordo che prevede che il singolo lavoratore sia disponibile a svolgere una determinata prestazione solo dopo aver ricevuto una chiamata dal datore di lavoro, secondo tempi e modi stabiliti da quest’ultimo.
Come abbiamo accennato, i contratti di lavoro di questo tipo possono essere stipulati per qualunque tipo di attività lavorativa, ma solo per soggetti che presentino determinati requisiti anagrafici: che abbiano età superiore ai 55 anni, anche se pensionati; oppure che abbiano età inferiore ai 24 anni (prestazioni contrattuali da svolgere entro il compimento dei 25 anni).
Quindi tutti coloro che rientrino nella fascia d’età tra i 25 e i 54 anni non possono usufruire di questo tipo di prestazione? La risposta è sì, a meno che non ci sia un Requisito oggettivo che possa ammettere la stipula di un contratto intermittente. Ad esempio, è ammessa questa forma di prestazione lavorativa per svolgere attività come custodi, guardiani notturni e diurni, guardie daziarie, portinai, uscieri, inservienti, fattorini, magazzinieri, pesatori, camerieri, personale di servizio nelle attività ristorative, personale addetto ai servizi di alimentazione e igiene all’interno degli stabilimenti industriali.
Contratto a chiamata: retribuzione e caratteristiche
Vediamo adesso più nel dettaglio come funziona questo tipo di accordo lavorativo. Si tratta di un contratto che deve essere regolamentato sempre e obbligatoriamente per iscritto mettendo nero su bianco la durata (può essere a tempo determinato o indeterminato), la causale del ricorso al lavoro intermittente, il luogo di lavoro, le modalità di svolgimento della prestazione, qual è la disponibilità, il preavviso di chiamata, l’eventuale indennità di disponibilità, il trattamento economico, le misure di sicurezza.
Ad ogni modo, questo tipo di contratto può avvenire solo per prestazioni non continuative. Esistono due tipologie differenti di contratto intermittente: uno con garanzia di disponibilità, che prevede una sorta di compenso che rende obbligatoria la risposta alla chiamata lavorativa; uno senza garanzia di disponibilità, che lascia invece totale libertà al lavoratore di accettare o meno il compito previsto.
Va comunque chiarito che prima dell’inizio della prestazione il datore di lavoro deve inviare una comunicazione all’ispettorato territoriale del lavoro e deve garantire che il ciclo di prestazioni non sia di durata superiore ai 30 giorni.
Ma quanto viene pagato un contratto a chiamata? La retribuzione dipende dalla durata della chiamata e dai livelli di classificazione previsti dai Ccnl. La legge prevede infatti che il salario non sia minore a quello parimenti svolto da chi gode di un altro tipo di contratto. Vero è, comunque, che un lavoratore intermittente non riceve alcun tipo di pagamento quando non viene chiamato, a meno che non abbia obbligo di disponibilità. In quel caso è prevista un’indennità per i periodi di non lavoro che non può essere inferiore al 20% della retribuzione minima contrattuale prevista dal Ccnl.