Nei pronto soccorso della regione Toscana è stato attivato un percorso per aiutare le vittime di violenza: il codice rosa.
Il Codice Rosa garantisce alle vittime di violenza, un percorso di accesso specifico al Pronto Soccorso. Il sistema di accesso si rivolge non solo alle donne, ma anche bambini e qualsiasi persona che abbia subito abusi. L’iniziativa di cui parliamo oggi è quella specifica della regione Toscana, tuttavia si parla di questo progetto già dal 2010. Vediamo come funziona il codice rosa in pronto soccorso e quali leggi sono state introdotte di recente per tutelare le vittime di violenza e abusi.
Codice rosa: come funziona
Il Codice Rosa nella regione Toscana è un progetto volto a garantire un’accoglienza mirata alle vittime di abusi e violenze. Il progetto si deve alla collaborazione con i diversi centri antiviolenza del territorio e le istituzioni. Il percorso che è stato attivato è valido sia per quanto riguarda le aree di emergenza, che a livello ambulatoriale.
In particolare al Pronto Soccorso possono verificarsi due situazioni in linea generale, una vittima giunge in pronto soccorso e avvisa di essere codice rosa. Oppure è chi si occupa del triage che classifica la vittima come un possibile caso di violenza.
In ognuno dei due casi, la vittima viene quindi condotta in una stanza predisposta del pronto soccorso e visitata, ma soprattutto anche ascoltata, dal personale preparato. Sarà, dunque, premura del personale sanitario dare informazioni utili. Il personale stesso si occuperà sia di indirizzare la vittima verso centri antiviolenza, ma anche di raccogliere direttamente la denuncia di violenza.
Il codice rosa e la legge contro gli abusi
Riguardo alle leggi contro la violenza di genere e gli abusi, di recente è stata introdotta la legge n° 69 del 2019, definita anche “Codice Rosso”. Questa norma ha modificato le precedenti disposizioni che riguardano le vittime di violenza di genere e quelle di violenza domestica. Con questo provvedimento, infatti, sono state introdotte delle modifiche in modo da ridurre i tempi dei processi penali e sono state anche rese più aspre alcune delle pene.
Sempre con questa stessa legge è stato anche introdotto il reato del revenge porn, ovvero della diffusione illegale di immagini, o video, con contenuti espliciti. Per il reato è stata introdotta la pena di reclusione da uno a sei anni, e una multa che va da 5 mila a 15 mila euro, per la diffusione di questi contenuti senza il consenso degli interessati.