Chi era Vittorio De Sica, il padre di Christian De Sica

Chi era Vittorio De Sica, il padre di Christian De Sica

Il ricordo di Vittorio De Sica rimarrà per sempre impresso nei cuor degli amanti del grande cinema: un genio inimitabile.

Tra i più grandi registi di ogni epoca, Vittorio De Sica ha lungamente rappresentato la grandezza italiana nel mondo. Ancora oggi i mostri sacri d’oltreoceano lo indicano come uno dei loro punti di riferimento. Considerato tra i padri fondatore del movimento neorealista, nonché uno dei maggiori esponenti della commedia all’italiana, ha conseguito in carriera ben quattro Oscar al miglior film in lingua straniera per Sciuscià, Ladri di biciclette, Ieri, oggi, domani e Il Giardino dei Finzi Contini, oltre a una candidatura per Matrimonio all’italiana. Un vero fuoriclasse, la cui vita è un raro esempio dove la realtà supera la finzione. Scopriamola.

Vittorio De Sica: biografia e carriera

Christian De Sica

Nacque il 7 luglio 1901, sotto il segno del Cancro, a Sora, da papà impiegato e mamma casalinga, entrambi campani. Come raccontò Vittorio stesso, vivevano in “tragica e aristocratica povertà”. In seguito, si trasferirono a Napoli e, dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, a Firenze e, infine, a Roma. Già da ragazzino si divertiva a recitare in piccoli spettacoli organizzati per i militari ricoverati in ospedale. 

Mentre frequentava l’istituto di ragioneria, grazie alla buona parola messa dall’amico di famiglia Edoardo Bencivenga, apparve ne Il processo Clémenceau (1917), un film muto diretto da Alfredo De Antoni. A ogni modo, ciò non lo distrasse dagli studi. Una volta conseguito il diploma, accettò una scrittura teatrale da generico nella compagnia di Tatiana Pavlova, nella quale restò per un paio d’anni. Dopodiché divenne secondo attore brillante nel gruppo della celebre diva Italia Almirante e, in seguito, secondo attor giovane nella squadra di Luigi Almirante, Giuditta Rissone e Sergio Tofano. 

Quand’era il 1930 ottenne la promozione al livello di primo attore, accanto a Guido Salvini. Subito Mario Mattoli, allora titolare della Compagnia Teatrale Za-Bum, ne notò le qualità brillanti e lo scritturò accanto a Umberto Melnati. I due formarono una coppia comica di assoluto valore, autori di gag e tormentoni in grado di portarli alla notorietà. Nel ’33 Vittorio fondò, comunque, una compagnia con Sergio Tofano e Giuditta Rissone, dedicata a messe in scena comiche.

Nel dopoguerra, realizzò, insieme a Paolo Stoppa e a Vivi Gioi, alcuni drammi di notevole spessore, ad esempio Catene di Langdon Martin, ma anche commedie quali Il magnifico cornuto di Fernand Crommelynck, diretto da Mario Chiari. Quest’ultima si rivelò essere il suo canto del cigno sul palcoscenico teatrale, in quanto fu sempre più assorbioi da impegni cinematografici e televisivi. 

Sul grande schermo cominciò a essere richiestissimo dal 1932. Sotto la supervisione di Mario Camerini, apparve ne Gli uomini, che mascalzoni… (proprio qui lanciò la celeberrima canzone Parlami d’amore Mariù), Darò un milione, Il signor Max, I grandi magazzini. Insignito di un Nastro d’Argento nel 1948, all’inizio del decennio successivo conseguì un enorme riscontro di pubblico, sempre al fianco di Gina Lollobrigida, in Altri tempi – Zibaldone n. 1 di Alessandro Blasetti e Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini, dove interpretava il vulcanico maresciallo Carotenuto. La seconda opera diede il là a ben tre seguiti: Pane, amore e gelosia, Pane, amore e… e Pane, amore e Andalusia. Divertente fu la performance ne I due marescialli con Totò. 

Non meno proficuo il sodalizio con Alberto Sordi. Probabilmente il punto più alto del connubio fu Un italiano in America: qui Vittorio De Sica diede corpo a uno sfaccendato squattrinato emigrato negli USA, che sfrutta la partecipazione a una trasmissione tv per rincontrare il figlio che non vedeva da molto e al quale fa credere di essere ricco. Toccarono picchi di intensità le interpretazioni drammatiche, specialmente ne Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini e nel remake di Addio alle armi di Charles Vidor. Mentre il suo cammino artistico volgeva verso l’epilogo, accettò ingaggi secondari in pellicole ben lontane dall’immagine solitamente proiettata. 

Nei panni di regista esordì a fine anni Trenta con la commedia Rose scarlatte. In principio propose commedie misurate e garbate, nello stile di Mario Camerini. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano, cominciò a esplorare le tematiche neorealiste. Dal 1946 al 1952 sfornò quattro capolavori del genere: Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D.

Quindi, propose L’oro di Napoli, Il tetto, ritenuto dai critici il suo passo d’addio al neorealismo, e La ciociara (1960) con Sophia Loren assolutamente divina. Loren che guidò pure in Boccaccio ’70, per poi abbinarla a Marcello Mastroianni in Ieri, oggi, domani, Matrimonio all’italiana e I girasoli. Toccante fu l’adattamento del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi Contini, incentrato sulle vicende di una famiglia ebrea ferrarese perseguitata durante il fascismo. L’ultima opera che ne porta la firma è Il viaggio (1974), riduzione di una novella di Luigi Pirandello. 

Non mancarono le partecipazioni a programmi televisivi statunitensi e italiani di intrattenimento leggero, dal Musichiere a Canzonissima, nonché nella parte di un giudice nello sceneggiato Le avventure di Pinocchio di Comencini. Morì il 13 novembre del 1974, all’età di 73 anni, dopo un intervento chirurgico per curare un tumore ai polmoni, presso l’ospedale di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi. La sua salma riposa nel cimitero monumentale del Verano a Roma.

Vittorio De Sica: la vita privata

Sposò due attrici: Giuditta Rissone, dalla quale ebbe la primogenita Emilia, e María Mercader, che lo rese padre di Manuel e Christian. Abitava in via Aventina, al piano nobile di un palazzo storico di Roma, dove oggi risiede Christian con la propria famiglia. Al momento della morte era pieno di debiti a causa dell’amore per il gioco, come raccontato dal figlio Christian in diverse occasioni.

Chi era María Mercader, la seconda moglie di Vittorio De Sica

María Mercader, nata il 6 marzo 1918 (Pesci) a Barcellona, è stata un’attrice. Nel 1939 avviò la sua professione in Italia, dove recitò in diversi film. E sul set di uno di questi, Un garibaldino al convento, conobbe il futuro marito Vittorio De Sica. Fu parte del cast de La casa del sorriso, lungometraggio di Marco Ferrari che nel 1991 si aggiudicò l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Si è spenta a Roma il 26 gennaio 2011, all’età di 92 anni.

20 curiosità su Vittorio De Sica

– Al padre ha dedicato il film Umberto D.: i due erano molto uniti.

– Incise numerose versioni dei classici della musica napoletana.

– Per motivi ideologici rifiutò la proposta di dirigere il film Don Camillo.

– Nello stesso anno della sua scomparsa, Ettore Scola gli dedicò il magistrale C’eravamo tanto amati.

– Era comunista, il che, unito ai trascorsi coniugali, comportò un funerale modesto.

– Alla Vigilia di Natale e all’ultimo dell’anno regolava l’orologio avanti di due ore in casa della Mercader per poter fare il brindisi di mezzanotte con ambedue le famiglie.

– Sulle abitudini al tavolo di gioco, Alberto Sordi lo definì un “giocatore a cui piaceva perdere e più perdeva più si eccitava”.

– Il primo matrimonio con Mercader, celebrato in Messico, fu ritenuto “nullo” perché non riconosciuto dalla legge italiana. Nel 1968 convolarono a nozze a Parigi. 

– Ottenne la cittadinanza francese.

– Coniò il neologismo maggiorata fisica parlando di Gina Lollobrigida. 

– Collaborò con Nino Manfredi solo nel film Lo chiameremo Andrea.

– Il figlio Manuel ha curato le colonne sonore dei suoi ultimi film.

– Desiderava che Christian portasse a termini gli studi, ma “quando ho debuttato a Montecarlo è venuto a vedermi dicendomi ‘lo sai fare, posso morire tranquillo’”, ha raccontato il figlio a Domenica In.

– Era un tranquillo borghese. Se gli chiedevano qualche aneddoto sugli attori diretti in quel momento, rispondeva: “per carità! non mi far parlare della Loren, della Lollobrigida, di Mastroianni…”. 

– Teneva parecchio all’educazione: a tavola erano vietate le parolacce, ma non faceva nemmeno sentire il suo peso di artista internazionale. 

– Quando Manuel e Christian erano piccoli lui li faceva recitare, a casa, in scenette davanti agli amici.

– Una volta a Montecarlo perse talmente tanto denaro da spingere Onassis, comproprietario del Casinò, a commentare: “Con quello che lei ha perso ieri sera, noi rifaremo tutte le aiuole intorno al palazzo”. 

– Tra le mura domestiche conduceva una vita semplice: gli piaceva un piatto di pasta, guardare la televisione, la partita, il ​Rischiatutto con Mike Bongiorno.

– Era un animo tormentato: la notte non dormiva, fumava e rifletteva.

– Sul set arrivava anche un’ora e mezza prima della troupe.