Stefano Savi, storia di un uomo sfigurato per errore

Stefano Savi, storia di un uomo sfigurato per errore

Il dramma di Stefano Savi è impresso nelle cronache più buie della storia italiana, vittima della ‘coppia dell’acido’ per uno scambio di persona.

La sete di vendetta mi avrebbe rovinato del tutto. Ho subito oltre 45 interventi. Barba e capelli sono finti. Anche il lobo dell’orecchio me lo hanno ricostruito perché l’acido lo aveva otturato, tappato, chiuso totalmente“. Sono le parole di Stefano Savi a Seconda vita, format di Gabriele Parpiglia del 2019. Lui è il milanese tra le vittime di Alexander Boettcher e Martina Levato – noti alle cronache con il sinistro appellativo di ‘coppia dell’acido’ -. Lui è stato colpito per uno scambio di persona, la sua vita distrutta in un limbo di interventi chirurgici e interrogativi senza risposte.

Chi è Stefano Savi?

Stefano Savi è noto alle cronache per la terribile aggressione subita da parte della ‘coppia dell’acido‘ (Alexander Boettcher e Martina Levato), in un novembre 2014 stordito dal folle teatro di orrori nel cuore della Milano bene.

In realtà, non doveva essere lui il destinatario dell’agguato che gli ha cambiato la vita (e il volto) per sempre, ma è stato vittima innocente di un drammatico scambio di persona.

All’epoca dell’aggressione, avvenuta il 2 novembre 2014, aveva 25 anni ed era nel fiore della sua esistenza di studente residente in via Quarto Cagnino, iscritto in Economia alla Bocconi e pronto ad agguantare il futuro a piene mani. Nel frattempo un impiego nella security di alcuni club, immerso nella vita effervescente dei suoi 20 anni, intraprendente e solare. Poi la fine.

Stefano Savi sfregiato con l’acido

La verità sulla bestiale aggressione subita da Stefano Savi, emersa dalle carte di una delle inchieste più sconvolgenti della storia italiana, è che il bersaglio della ‘coppia dell’acido’ era Giuliano Carparelli, un fotografo che aveva frequentato la Levato e che ‘rientrava’ nel piano criminale di ‘purificazione’ ideato da Boettcher e Levato.

La colpa di Savi? Somigliare in modo impressionante al ragazzo che avrebbe dovuto soccombere sotto i colpi della loro assurda e agghiacciante volontà.

Stefano Savi non conosceva Martina Levato, ma è finito nelle trame di un disegno terribile ordito dai due per “purificare” la vita della donna dai peccati carnali del passato.

Per questo, ogni uomo che avesse avuto un contatto con lei doveva essere ‘punito’. Carporelli era scampato a un primo attacco grazie a un ombrello, usato per ripararsi dalla pioggia di sostanza corrosiva gettatagli addosso. Per Savi è andata diversamente. E molto peggio.

L’aggressione a Stefano Savi

Ed è proprio dove abita, sotto la sua casa di via Quarto Cagnino a Milano, che Stefano Savi è stato aggredito da un uomo che gli ha lanciato addosso una secchiata di acido muriatico. Era il 2 novembre 2014, e i segni dell’orrore subito sono impressi tra i lineamenti di un volto sfigurato che cerca ancora delle risposte.

Ma risposte a un simile gesto di crudeltà non ce ne sono, dopo che ci si trova con il viso sciolto e gli occhi avvolti dalle fiamme di un dolore che non sparirà mai.

Stefano Savi stava avrebbe dovuto laurearsi di lì a poco, ma il suo percorso ha imboccato una strada diversa, imprevista e assolutamente inimmaginabile. Al suo fianco c’è il fratello gemello, Luca Savi, punto di riferimento immancabile nella sua vita, prima e dopo l’accaduto.

È andata così – aveva commentato Savi al Corriere della Sera, non posso tornare indietro. Per restituirmi il mio aspetto fisico lavorano i medici, ho fatto tantissimi progressi, ma è molto lunga. Io lavoro su me stesso, ho imparato a non avere fretta“.

Ed è andata così, per caso, per un ‘errore’ dei suoi aggressori che ora pagano con il carcere un delitto che per Savi non ha sconti di pena. La sua condanna non avrà fine, ma combatte senza cedere di un passo: “Nessuno immagina quanto siano atroci le sofferenze da ustione, con l’acido che continua a corrodere per settimane, senza poter fare niente per fermarlo“.

Stefano Savi: la rinascita dopo la fine

Per Stefano Savi non è stato facile fare i conti con un’esistenza totalmente stravolta dall’altrui cattiveria. È grazie alla sua forza e al suo coraggio, unitamente alla spinta decisiva di una famiglia e di amici che non gli avrebbero mai permesso di abbattersi, che è riuscito a riprendere in mano la sua vita dal punto in cui, quel maledetto giorno del 2014, era praticamente finita.

A seguito dell’aggressione, il ragazzo sfregiato con l’acido si è dovuto sottoporre a una lunghissima serie di interventi chirurgici per riappropriarsi del suo domani e di un volto che, irrimediabilmente, non potrà mai più essere il suo.

Su Instagram alcuni scatti del passato e del presente, sul braccio un tatuaggio fatto dopo l’accaduto, in cui domina la scritta “Stay strong” che è diventata parafrasi di una quotidianità spesa a ricostruire e reinventare, nell’impossibilità di capire davvero come si possa arrivare a tutto questo.

Stefano Savi ha affrontato almeno 50 operazioni. In Cassazione, nel 2018, la sentenza definitiva al branco dell’acido: 21 anni di reclusione per Alexander Boettcher, 19 e mezzo per Martina Levato, 8 anni e 9 mesi per ill complice, Andrea Magnani.