Tutto su Paolo Borsellino, il giudice ucciso dalla Mafia

Tutto su Paolo Borsellino, il giudice ucciso dalla Mafia

Via d’Amelio ricorre tra le cronache e la storia, accento tra i più cruenti e drammatici dell’Italia anni ’90. Paolo Borsellino morì in quel vile attacco, in un pomeriggio infernale.

Il giudice Paolo Borsellino, insieme al collega Giovanni Falcone, è il simbolo dell’Italia che non si piega alla mafia. Fu ucciso nell’attentato del 19 luglio 1992, con lui morirono 5 agenti di scorta in un pomeriggio d’estate palermitana in via d’Amelio. Morto quasi 2 mesi dopo Capaci, dove perse la vita il magistrato che con lui si è sacrificato contro la criminalità organizzata.

Chi era Paolo Borsellino? Biografia e carriera

Paolo Emanuele Borsellino è nato il 19 gennaio 1940, sotto il segno del Capricorno, a Palermo, da Diego Borsellino e Maria Pia Lepanto. Cresciuto nel quartiere Kalsa, era più piccolo di 8 mesi dell’amico Giovanni Falcone.

La sorella maggiore, Adele, è morta nel 2011, la minore, Rita Borsellino, nel 2018. Tra loro il fratello Salvatore, classe 1942. Alle spalle gli studi classici e una laurea in Giurisprudenza, veniva da una famiglia di destra e, nel 1959, si è iscritto al Fronte Universitario d’Azione Nazionale.

Borsellino si è laureato all’età di 22 anni, nel 1962, con una tesi sul fine dell’azione delittuosa che lo ha visto concludere la carriera universitaria con 110 e lode.

Il padre del giudice, titolare di una farmacia nel cuore del capoluogo siciliano, è morto a 52 anni per una malattia. Un’attività data in gestione in attesa della laurea della sorella Rita proprio in quel settore…

RICORDO FALCONE BORSELLINO

Chi era la moglie di Paolo Borsellino

Paolo Borsellino ha sposato Agnese Piraino Leto (figlia del magistrato Angelo Piraino Leto, allora presidente del Tribunale di Palermo), sua moglie dal 23 dicembre 1968. Dal matrimonio sono nati i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino, nati rispettivamente nel 1969, nel 1971 e nel 1973.

L’unione è durata fino alla tragica morte del magistrato antimafia, avvenuta nel 1992. 21 anni più tardi si è spenta anche Agnese, donna fedele e discreta, legata al suo uomo da un amore senza tempo.

Dove viveva Paolo Borsellino?

Paolo Borsellino viveva in Sicilia, nella sua Palermo, ed è morto proprio nella via dove abitava sua madre (luogo diventato tristemente noto alle cronache e alla storia come teatro della strage di via d’Amelio).

La sua vita è trascorsa appesa al filo del precario equilibrio tra giustizia e paura, consapevole di una sorte funesta da sempre in agguato sulla sua testa.

Falcone e Borsellino nel pool antimafia

Intorno all’attentato di mafia in cui Borsellino ha perso la vita si stagliano prepotenti ombre di depistaggi e misteri irrisolti (tra cui quello della scomparsa della sua agenda rossa).

Borsellino faceva parte del cosiddetto ‘pool antimafia’ istituito da Rocco Chinnici e passato a piena operatività dopo la morte di quest’ultimo (1983) tra le mani del suo successore, Antonino Caponnetto.

Sono stati Falcone e Borsellino, a istruire il celebre maxi processo di Palermo, sotto la spinta propulsiva delle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta, trama portante delle evoluzioni giudiziarie contro Cosa nostra dal 1986 in poi. Lo storico procedimento, celebrato nell’aula bunker dell’Ucciardone, sfociò in 342 condanne.

La strage di via d’Amelio

Il 23 maggio 1992 la strage di Capaci, il 19 luglio dello stesso anno via d’Amelio. Falcone e Borsellino, uniti nella comune lotta al crimine e dallo stesso atroce destino di morte, sono diventati il simbolo dell’antimafia.

Quel pomeriggio di luglio, Paolo Borsellino era andato dalla madre che risiedeva proprio in quella nota strada di Palermo. Al suo arrivo, un’auto carica di tritolo esplose, uccidendolo insieme ai 5 agenti della scorta Emanuela Loi (prima donna della sezione e anche prima donna della Polizia a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano e Claudio Traina.

La famiglia del giudice Borsellino ha parlato di una ‘strage di Stato’, e ha sempre chiesto verità e giustizia alle istituzioni, sullo sfondo dei due terribili attentati contro i magistrati.

L’agenda rossa e l’audio choc di Borsellino

Dove è finita l’agenda rossa di Paolo Borsellino? Il magistrato non se ne sarebbe mai separato e sua figlia, Lucia Borsellino, ha detto di averlo visto mentre la metteva nella sua borsa, il giorno della morte.

Si tratta di una sorta di diario in cui annotava episodi chiave per le sue attività investigative. Conteneva forse il ritratto dei suoi killer? La valigetta del giudice è tornata in possesso della famiglia dopo la strage, ‘sopravvissuta’ a quell’inferno di macerie, sangue e fiamme. Dell’agenda nessuna traccia.

27 anni dopo via d’Amelio, nel 2019, tra i documenti desecretati dalla commissione Antimafia c’è stato anche un audio di Borsellino sulla carenza di scorte. La desecretazione di questo file è avvenuta nell’ambito di un programma che copre gli atti dei lavori della commissione dal 1963 fino al 2001.

È una delle testimonianze chiave dietro la lettura della parabola che portò il giudice alla sua condanna a morte, e che ricalca come nel 1984 quello delle scorta al magistrati fosse ancora lontano dall’essere un problema affrontato in modo serio su scala nazionale.

Buona parte di noi non può essere accompagnato in ufficio di pomeriggio da macchine blindate – come avviene la mattina – perché di pomeriggio è disponibile solo una macchina blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere 4 colleghi”. Riferiva questo Borsellino, in una deposizione alla Commissione proprio nel 1984.

Io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e torno a casa per le 21 o le 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà utilizzando la mia automobile, però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per poi essere libero di essere ucciso la sera“.