La storia di Maurizio Minghella, i delitti e le vittime finite nelle trame del suo disegno di morte: ecco chi è l’assassino seriale la cui carriera criminale ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso.
La passione per il ballo, il ritratto di un “Tony Manero” mancato e il pugilato, poi una lunga scia di sangue e orrori nel cuore della Genova insospettabile. Questi gli ingredienti di una storia che ancora oggi tuona tra le pagine più sinistre della cronaca nera italiana: è la sintesi della biografia di Maurizio Minghella, serial killer autore di un’agghiacciante sequenza di omicidi.
Chi è Maurizio Minghella?
Il nome e il profilo criminale di Maurizio Minghella spiccano tra le storie dei serial killer più spietati della storia italiana. Una parabola di orrori che, nella cronaca nazionale, ha assunto una portata simile a quella del Mostro di Firenze.
Nato il 16 luglio 1958 sotto il segno dei Gemelli a Genova, città in cui è cresciuto, è un assassino seriale la cui biografia è finita al centro di diversi documentari (come Il predatore, in onda sul Nove). Il primo omicidio attribuitogli risale al 1978. Minghella non si sarebbe fermato fino ai primi del 2000.
Amante del ballo e frequentatore di balere (al punto da essere soprannominato il “Travolta della Val Polcevera”), avrebbe maturato una particolare inclinazione alle risse e nel suo percorso ha coltivato la passione per il pugilato.
Ma è la storia di sangue e orrori a cui ha dato corso ad aver impresso intorno alla sua identità una cornice indelebile che, ancora oggi, sconvolge per l’efferatezza e la reiterazione dei delitti. Riconosciuto come pluriomicida, avrebbe ucciso almeno otto donne.
Maurizio Minghella: la biografia e la vita privata
Nato in una famiglia di cinque figli, seguendo le trame del suo autoritratto Maurizio Minghella avrebbe maturato un interesse morboso per i cadaveri dopo aver visto il corpo del fratello in obitorio, vittima di un incidente in moto. Il lutto per la morte di Carlo, questo il suo nome, a suo dire lo avrebbe segnato profondamente facendo in qualche modo da spartiacque tra un passato da “bullo” di quartiere ad assassino seriale.
Maurizio Minghella sarebbe venuto alla luce in asfissia neonatale e questo avrebbe provocato un ritardo nell’esordio del linguaggio verbale e difficoltà a camminare. Il padre, Giulio, lo avrebbe spesso sottoposto a percosse prima di abbandonare la famiglia lasciandolo con la madre e i quattro fratelli.
Un evento che si sarebbe verificato quando Minghella aveva 6 anni. La madre si sarebbe poi legata a un altro uomo, ma le violenze su di lei e sui figli non avrebbero conosciuto interruzione (“Sovente ho sognato di strozzarlo con una corda“, avrebbe raccontato Minghella descrivendo le fantasie omicide nei confronti del patrigno).
Maurizio Minghella: il matrimonio e l’aborto raccontato dal serial killer
Secondo quanto emerso sulla sua storia, Minghella sarebbe stato bocciato nove volte in seconda elementare. Rifiutato dall’Esercito, si sarebbe dedicato a piccoli furti e avrebbe sposato una giovane che, diventata sua moglie ancora minorenne, gli avrebbe dato un figlio se non fosse stata colta da un aborto spontaneo.
Stando alla versione del serial killer, lui avrebbe cercato di arrestare la grave emorragia (dipingendola come una “fontana che grondava sangue, nella quale provavo a immergere le mani per fermarla“) senza esito e questo fatto sarebbe stato ulteriore scossa propulsiva verso il suo percorso di devianze.
Maurizio Minghella: omicidi e vittime del serial killer
Il 18 aprile 1978, un mese dopo il sequestro di Aldo Moro, il ritrovamento del cadavere di una giovane poco più che 20enne, Anna Pagano, in una zona di campagna a nord di Genova. Sconvolgenti i dettagli della scena del crimine. La vittima presentava la testa fracassata, un pennarello nella cavità anale e una scritta sulla schiena con un evidente errore di ortografia: “Brigate Rose“. Un tentativo maldestro, secondo gli inquirenti, di depistare le indagini.
Nel febbraio 2001, il ritrovamento del corpo di Florentina “Tina” Motoc, prostituta di 20 anni madre di una bimba di 2, a Torino, avrebbe rimandato al filone Minghella che, nel frattempo, a Genova si era chiuso con una condanna per gli omicidi di cinque giovani donne. Il killer era poi passato in regime di semilibertà proprio nel capoluogo piemontese dove gli inquirenti, dopo il delitto Motoc, hanno imboccato la pista del serial killer fino al nuovo arresto di Minghella.
A lui sarebbero stati attribuiti otto delitti, ma il numero delle vittime potrebbe essere superiore. L’8 luglio 1978 avrebbe ucciso Giuseppina Ierardi a Genova, il cadavere nascosto in un’auto rubata.
Il 18 luglio dello stesso anno il delitto di Maria Catena “Tina” Alba, appena 14 anni, trovata nuda e impiccata a un albero a Valbrevenna. Un suicidio simulato, secondo le indagini, per tentare un depistaggio che presto sarebbe fallito. Violentata, sodomizzata e strangolata senza pietà.
Il 22 agosto, la morte di Maria Strambelli, 21 anni, commessa pugliese il cui corpo sarebbe stato trovato 3 giorni dopo la scomparsa alla periferia di Genova.
L’ultima vittima accertata della scia di omicidi attribuiti a Minghella in Liguria è stata Wanda Scerra. 19 anni, amica di Maria Strambelli, sarebbe scomparsa il 28 novembre e trovata senza vita in una scarpata. Anche lei avrebbe subito violenza sessuale prima di essere strangolata.
Tutte le donne uccise nel 1978, come da evidenze in sede investigativa, al momento della morte avevano le mestruazioni. Lo stesso assassino, una volta arrestato, avrebbe detto di essere ossessionato dal sangue mestruale per lui fonte di un impulso incontrollabile.
Minghella avrebbe confessato l’uccisione di Strambelli e Scerra negando un coinvolgimento negli altri omicidi, ma le prove a carico, per la giustizia, sarebbero state sufficienti a portarlo all’ergastolo per tutti i crimini contestati.
Negli anni successivi alla condanna, a favore di Maurizio Minghella si è speso Don Andrea Gallo, il “prete degli ultimi”, colui che, anche davanti alle telecamere dei cronisti, non ha mai nascosto di crederlo innocente.
Maurizio Minghella, serial killer in semilibertà: la nuova ondata di delitti a Torino
Nel 1995, Maurizio Minghella ha avuto accesso alla semilibertà. Trasferito nel carcere delle Vallette di Torino, avrebbe lavorato come falegname dopo essere entrato nella comunità di don Ciotti. Presto, però, le cronache sarebbero state costrette a occuparsi nuovamente di lui.
Nel marzo 1997, la morte di una donna di 53 anni, Loredana Maccario, a maggio Fatima H’Didou. Il 14 febbraio 1998 a Rivoli, sempre nel Torinese, Floreta Islami, di 29 anni. Tutte strangolate dopo aver subito violenze.
Il 30 gennaio 1999, stesse modalità omicidiarie ai danni di una 67enne, Cosima “Gina” Guido, uccisa in un appartamento nel cuore di Torino. Poi l’omicidio di Florentina “Tina” Motoc, assassinata nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001.
È questo l’ultimo omicidio ascritto alla firma sanguinaria di Minghella. A inchiodarlo sarebbe stato un mix di tracce biologiche, orari concordanti e modalità di esecuzione dei delitti simili tra loro. È stato rinchiuso nel carcere di Pavia, dietro le sbarre a scontare l’ergastolo per gli orrori che si sono consumati tra il 1978 e il 2001.