Lea Garofalo, testimone di giustizia, ha pagato con la vita la sua scelta di dire no alla cultura mafiosa. Un “tradimento” culminato nell’omicidio della donna datato 24 novembre 2009.
La storia di Lea Garofalo è al centro di un film di Marco Tullio Giordana uscito nel 2015, intitolato Lea, la cui trama ripercorre il dramma della donna uccisa per essersi opposta alla ‘ndrangheta nel 2009. Un racconto che ricalca anche il coraggio di sua figlia Denise, testimone contro il padre, Carlo Cosco, accusato e condannato quale mandante dell’omicidio.
Chi era Lea Garofalo: la storia
Lea Garofalo è stata vittima della ‘ndrangheta, protagonista di una storia terribile dopo aver scelto di dire no alla malavita organizzata. Calabrese, nata in provincia di Crotone, a Petilia Policastro, il 24 aprile 1974 sotto il segno del Toro, è morta il 24 novembre 2009 a Milano.
Si è innamorata di Carlo Cosco quando era 13enne, riporta enciclopediadelledonne.it, lui più grande di lei di 4 anni e regista, per conto della famiglia di lei, del traffico di droga nel cuore di Milano. A 17 anni, Lea Garofalo è rimasta incinta e nel 1991 è nata la sua Denise che, ancora minorenne, sarebbe rimasta orfana della madre. Per la figlia, Lea Garofalo sognava un futuro lontano dai tentacoli della cultura di mafia, un desiderio inseguito con tutte le sue forze che poi l’avrebbe condotta alla morte.
Per questo avrebbe lasciato il marito, confessando alla polizia quanto di sua conoscenza in merito ai giri illeciti della famiglia. Per questo sarebbe stata uccisa. La figlia avrebbe in seguito testimoniato contro il padre, finendo per avere giustizia con la condanna definitiva in Cassazione nel 2014…
Lea Garofalo: l’omicidio, il processo e le condanne
Il precipizio verso l’orrore, per Lea Garofalo, sarebbe iniziato con la sua decisione di farsi testimone di giustizia contro la criminalità organizzata. Una storia tragica di denuncia e impegno per un mondo migliore, la sua, diventata un paradigma di coraggio e voglia di dire “basta” nonostante il rischio di perdere la vita. Nel 2002, Lea Garofalo avrebbe scelto di collaborare con le autorità ed è stata sottoposta al regime di protezione insieme alla figlia.
Nel 2009 sarebbe uscita dalla tutela e, esasperata da una precaria situazione economica, avrebbe chiesto aiuto a Carlo Cosco per il mantenimento della figlia. Nel novembre dello stesso anno, è stata rapita per strada, torturata e uccisa. Nel processo per la scomparsa, l’omicidio e la distruzione del cadavere di Lea Garofalo, il 18 dicembre 2014 la Cassazione ha confermato la condanna a carico di cinque imputati, rendendola definitiva.
4 ergastoli e 25 anni al quinto uomo finito alla sbarra: così, ricostruisce Ansa, si è chiuso il caso giudiziario per la morte della donna. Assassinata in modo atroce, infine, diranno le indagini, data alle fiamme. I suoi resti sarebbero statti ritrovati soltanto nel 2012, in un campo vicino a Monza.
In carcere, all’ergastolo, l’ex compagno Carlo Cosco, il fratello di questi, Vito, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Pena ridotta a 25 anni in appello e confermata in ultimo grado di giudizio per Carmine Venturino, ex fidanzato della figlia, Denise, beneficiario di uno sconto per la collaborazione fornita nel ritrovamento del cadavere.