Buddylove sulla metro #1

Buddylove sulla metro #1

Un viaggio in metropolitana, un biglietto e un’app: questa formula basta per trovare l’anima gemella?

La prima parte del digital novel di buddybank; storia di Dario Nesci.

ETTORE

Non uso l’auto per andare a lavoro perché da qualche tempo voglio difendere l’ambiente.
Sono quattro i chilometri che mi separano dal grattacielo, dal mio computer e dai file Excel delle società di consulenza. 
Se l’Università mi ha insegnato a valicare i confini, con il lavoro (ahimè!) fisso e compilo delle celle di calcolo.
Interessante dilemma non è vero?
Novembre è quel maledetto mese dell’anno dove, se vivi a Milano, non sai come vestirti. Facile, direte voi, perché i consulenti si vestono sempre con gli stessi completi stampati. 
Sappiate però che cravatta, camicia, giacca e pantaloni possono essere una trappola infernale per un ciclista urbano che nutre un certo lato narcisistico.
Sono stufo di arrivare di corsa.
Sono stufo di arrivare sudato. 
Sono stufo di prendere gli insulti ai semafori da chi cade dal letto al posto di scendere.
Basta, oggi prendo la metro! D’altronde vivo in una metropoli(?)
Scendo le scale di Caiazzo con un classico sotto il braccio. E’ “I Demoni” di Dostoevskij. Sono più di due mesi che passa da un comodino all’altro senza essere aperto; perché torno tardi, perché non ho tempo, perché sono stanco. Si può lasciare un libro del genere chiuso per così tanto tempo? 
Scuse.
Faccio la fila alle macchinette per il biglietto, la fila ai tornelli d’ingresso, e la fila per entrare dalle porte scorrevoli del treno. Mi siedo composto e salto subito la prefazione per entrare nell’incipit:
Nell’accingermi a descrivere i recenti e tanto strani avvenimenti, svoltisi nella nostra città, in cui finora non è mai accaduto nulla di speciale, sono costretto, per la mia inesperienza, a cominciare un po’ da lontano…
Alzo gli occhi per visualizzare la scena e la vedo: lei, capelli castani lisci, una frangetta che incornicia profondi occhi nocciola e labbra piene, pulite e rosse. E’ avvolta da un lungo cappotto blu navy chiuso ad asciugamano e le gambe entrano in alti stivali di pelle nera.
Il libro torna alla copertina mentre cerco di incrociare più volte il suo sguardo. Dostoevskij, amante delle donne e conosciuto erotomane, mi perdonerà se lo metto da parte ancora per un po’. 
Le sorrido. Ricambia.
Neuroni specchio?
Vorrei dirle qualcosa ma due persone si muovono tra di noi come un sipario.

Siamo a Moscova, due fermate prima della mia, si alza per scendere e decido di seguirla. Arriverò in ritardo di nuovo e il mio responsabile mi dirà che gli sto già facendo perdere soldi, di nuovo. 
Cammina veloce e si volta ogni tanto. Sa che sono dietro di lei. Sa che voglio un contatto. Siamo in fila ai tornelli e appoggia il suo iPhone che riconosco dalle cuffie. Sento solo un BIP e lei che passa e cammina veloce. Il mio biglietto si inceppa tre volte. Inveisco contro la tecnologia. La cerco con gli occhi e inizio a perderla. Gira la testa verso di me ancora una volta. Vorrei scavalcare le aste ma dalla guardiola il controllore mi osserva e mi dice di cambiare tornello. Finalmente, la macchina prende il biglietto e riesco a passare. Sono libero. 
E’ fuggita.
Sospiro, e penso al conto buddybank che ho aperto da poco con una concierge che si vanta di poter far tutto.
Premo la grande B e faccio partire la chat:

“Hey buddy”
“Ciao Ettore come posso aiutarti?” 
“Ho perso la donna della mia vita ai tornelli della metro, era bellissima. Pagava con un biglietto sull’iPhone. Possibile?”
“Certo. Usava Apple Pay, il sistema di pagamento di Apple facile e sicuro. Puoi collegare la tua carta buddy direttamente dalle impostazioni dell’app e pagare ovunque solo appoggiando il telefono sui pos fisici abilitati.”
“Wow lo faccio subito. Riesci anche a recuperare il numero della ragazza?”
“No, perché se era bellissima ci esco io J”

VIOLA

Alzarsi è stato difficile anche oggi, ma la vita di una giovane designer freelance che cerca di pagare un affitto a Milano non lascia molto spazio per assecondare le proprie voglie. E’ l’ennesima volta che mi addormento tardi nel cercare di calmare i nervi dopo una chiamata con mia madre che, anche a distanza di chilometri e con il Mediterraneo che ci separa, non perde tempo per ricordarmi come abbia sbagliato tutto: studi, città e uomini. 
La scelta di Design del Prodotto al posto di Medicina l’attanaglia di continuo. “Che bravo medico sarà Viola, ah. Così picciridda e così studiosa.” amava ripetere quando l’accompagnavo al mercato a Catania. 
Se parlandole di Munari il design l’ha conquistata, Milano continua a vederla con sospetto perché troppo cara, troppo difficile e, soprattutto, troppo lontana. 
Infine, il tasto più dolente, è sapermi qui senza la compagnia di un uomo. Il neologismo single, per una donna siciliana di settant’anni, non è facile da abbracciare e per riassumere la mia situazione le bastano due parole: “Sola sei!”
Capitemi bene se lo scontro generazionale lo ignoro fagocitando musica. 
“Back to life” è la canzone che ultimamente mi riporta alla realtà. Ho creato con TIDAL una playlist con tutte le canzoni delle discoteche anni 80 di New York. La qualità del beat non ho neanche dovuta pagarla grazie alla piattaforma premium che mi ha offerto buddybank con la sua promozione.
Libertà, fermento culturale, possibilità di riuscire e glitter sono i componenti che guardo con nostalgia di quegli anni.
Le 08:15, cavoli sono in ritardo!
Sistemo alla buona la frangia che mi accompagna da sei anni e che non ho mai avuto il coraggio di tagliare. Tanto la devasteranno ancora con il phon durante il fitting. Cinquecento euro per due ore di shooting; oggi l’affitto lo pago così visto che le ore di lavoro per i miei anni di studio e gli occhi persi difronte al pc sono retribuite meno di otto euro l’una, a cui aggiungere tasse e maledizioni da giovane professionista.
Prendo un cornetto nella pasticceria sotto casa e scendo le scale della metro in direzione Moscova.
Connessi i miei airpods, vinti semplicemente pagando con le mie carte buddy, mi accompagno con la voce graffiante di Grace Jones a cui vorrei copiare la capacità di fregarsene sempre. 
Le fermate scorrono davanti ai miei occhi e mi arriva una notifica dalla concierge:

Ciao Viola, non perdere il concerto dei Cigarette After Sex questa sera alle 20 e 30 all’Alcatraz di Milano.

La passione per i Cigarette è l’unica cosa che mi ha lasciato Stefano, prima di fuggire con Melissa, Milena o Malena (non ho mai indagato). 
Mando un messaggio vocale alla concierge: 

“Hey buddy mi dici quanto costano i biglietti per gli i Cigarette after sex e se ce ne sono ancora?”
“Ciao Viola, verifico subito e te lo dico”

Mentre rifletto mi accorgo che il ragazzo difronte mi osserva e nel girare a caso le pagine di un libro di cui è solo all’inizio mi sorride. Davvero riesce a leggere in metro? E’ da due fermate che cerca la mia complicità per un sorriso e non rispondere sarebbe triste, credo.
Ricambio, tanto è solo un sorriso.
Moscova! 
Raccolgo la mia tracolla e scendo. Voglio arrivare qualche minuto prima per non essere l’ultima delle ragazze, quella che in genere nel gioco delle condivisioni dei primi minuti si esclude solo perché non era già lì a prendere contatti. 
Affretto il passo e mi accorgo che il tipo della metropolitana è dietro di me. Credo mi stia seguendo ma non voglio essere paranoica come dicono sempre le mie amiche. Mi sento Orfeo in questo momento, con la differenza che dietro non ho Euridice da far risorgere ma (l’ennesimo?) svitato che mi gira attorno. 
iPhone alla mano e con due tap passo il tornello.
Rassicurata da una barriera di metallo mi giro e lo vedo bloccato con la macchina che continua a sputargli il biglietto.
Apple Pay mi ha salvato dall’ennesimo Stefano?