Brain Rot è stata eletta parola del 2024: vediamo cosa significa e perché dovrebbe indurci tutti a una riflessione.
Secondo l’Università di Oxford, brain rot è la parola dell’anno per il 2024. Un termine che è tornato in auge nel mondo virtuale negli ultimi tempi, ma che è stato utilizzato per la prima volta più di un secolo fa. Vediamo cosa significa e perché il “marciume cerebrale” dovrebbe indurci a una riflessione.
Brain rot: cosa significa la parola dell’anno 2024
Il brain rot, stando a una dichiarazione pubblicata sull’Oxford dictionary, è “il presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, soprattutto come conseguenza di un consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo“. Il significato letterale, tra l’altro, rende benissimo l’idea: “marciume cerebrale“.
Con questo termine inglese si indica la sensazione che si avverte dopo aver trascorso troppo tempo sui social, facendo semplicemente scrolling senza uno scopo ben preciso. Avete presente quando, dopo una giornata di lavoro, vi sedete sul divano e iniziate a scorrere in modo quasi compulsivo le bacheche di Instagram, Facebook e TikTok? Magari, neanche notate i contenuti, ma le ore trascorrono velocemente e vi ritrovate ad avere gli occhi a mo’ di panda e uno stato d’animo poco piacevole.
Strano ma vero, anche se brain rot rappresenta il “marciume cerebrale” post social, il suo uso è tornato in auge proprio nel mondo virtuale, per merito della Generazione Zeta e della Gen Alpha. Il presidente di Oxford languages Casper Grathwohl ha dichiarato: “Queste comunità hanno amplificato l’espressione attraverso i canali dei social media, lo stesso posto considerato la causa del brain rot. Questo dimostra una certa auto-consapevolezza sfrontata delle nuove generazioni circa l’impatto dannoso dei social media che hanno ereditato“.
Chi è l’inventore del marciume cerebrale?
Anche se la parola brain rot è tornata in auge nel 2024, con un aumento di utilizzo del 230%, la sua origine risale a un secolo fa. Secondo la Oxford university press, il primo a usarla è stato lo scrittore Henry David Thoreau nel suo libro Walden. L’autore, neanche a dirlo, l’ha impiegata per criticare l’atteggiamento della società, volto a svalutare le idee più complesse in favore di quelle più semplici e banali.
“Mentre l’Inghilterra si sforza di curare il marciume delle patate, nessuno si sforzerà di curare il marciume del cervello, che prevale in modo molto più diffuso e fatale?“, scriveva Thoreau. Oggi, rispetto al passato, brain rot è utilizzata con un significato umoristico e autocritico. Eppure, una riflessione è d’obbligo: se si ha consapevolezza dell’influsso negativo dei social non sarebbe il caso di limitarne l’uso? La disintossicazione digitale, ormai, dovrebbe essere prescritta dal medico.