Il governo Meloni ha mantenuto in vigore il bonus donne anche per il 2023: ecco come funziona, a chi spetta e le regole per mantenerlo.
Il bonus donne resta un vigore fino al 31 dicembre del 2023. Le aziende che assumono soggetti femminili rispettando determinate condizioni hanno diritto ad un esonero contributivo del 100%. Vediamo come funziona l’incentivo e quali sono i requisiti di accesso, sia per i datori che per le lavoratrici.
Bonus donne 2023: a chi spetta?
L’ultima legge di Bilancio ha mantenuto in vigore il bonus donne anche per il 2023. I requisiti e le modalità di accesso sono gli stessi degli anni passati. Pertanto, vengono riconosciuti gli sgravi fiscali a tutte le aziende che assumono soggetti femminili entro il 31 dicembre dell’anno in corso, sia con contratti a tempo determinato che indeterminato. L’esonero contributivo è pari al 100% nel limite massimo di 8.000 euro annui.
Le assunzioni devono interessare donne svantaggiate e disoccupate da 6, 12 o 24 mesi. I datori di lavoro hanno diritto al contributo per 18 mesi, se stipulano un contratto indeterminato (che può trasformarsi tale anche da determinato), oppure per 12 mesi in caso di contratto determinato. Il bonus donne 2023 spetta a tutti i titolari di aziende di ogni settore, comprese quelle agricole. Non può essere applicato alle assunzioni con contratto di lavoro intermittente, apprendistato e per le mansioni domestiche.
Bonus donne: gli obblighi dei datori di lavoro
Per usufruire del bonus donne 2023 i datori di lavoro devono rispettare alcune condizioni. Innanzitutto, ai sensi del Documento unico di regolarità contributiva (Durc), devono essere regolari con gli obblighi di contribuzione previdenziale. Poi, non devono violare le norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e devono rispettare gli altri obblighi di legge. Inoltre, sono chiamati a rispettare gli accordi e i contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti sul piano nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori. Dulcis in fundo, i titolari non non possono ricevere il contributo se l’assunzione è imposta da un obbligo di legge, oppure se viola un diritto di precedenza di altri dipendenti.