Vi presentiamo una selezione dei proverbi laziali più famosi, in dialetto ma con relativa traduzione in lingua italiana.
Conoscete i proverbi laziali? Abbiamo preparato una selezione dei modi di dire più famosi, in dialetto con traduzione in italiano, con cui potete mettervi alla prova. Ovviamente, potete anche utilizzarli per diverse circostanze. D’altronde si sa, frasi di questo tipo sono preziose perché non colpiscono mai a vuoto.
I proverbi laziali più famosi
Per molte persone, Lazio significa solo Roma. Eppure, parliamo di una regione con tante cittadine più o meno grandi, stupende e ricche di storia: da Tivoli a Tuscania, passando per Bracciano, Civita di Bagnoregio, Bolsena, Sperlonga e Calcata. Ovviamente, anche le tradizioni gastronomiche e popolari meritano attenzione. Vi presentiamo una selezione dei proverbi laziali più famosi, in dialetto con traduzione in italiano:
- Piagne lo pecoraro quanno fiocca. Nun piagne quanno magna la ricotta. )Piange il pastore quando nevica, ma non quando mangia la ricotta)
- Er minchione nun se conosce quanno nasce, se conosce quanno cresce. (Lo stupido non si conosce quando nasce, ma quando cresce)
- L’asino quanno raja, cià appitito; l’omo, quanno gira, è innamorato; la donna quanno canta, vo’ marito. (L’asino quando raglia ha appetito, l’uomo quando gira è innamorato, la donna quando canta vuole marito)
- Er core de le donne è fatto a limoncello, u’ spicchio a questo e a quello. (Il cuore della donna è come un limone: uno spicchio a questo e uno a quello)
- L’onore e la salute nun se venneno in spezieria. (L’onore e la salute non si vendono al mercato)
- Pazienza, vita mia, si paghi pena: annerà pe’ quann’hai fatta vita bona. (Pazienza se adesso soffri: paga per quando sei vissuto bene)
- San Pietro se féce prima la barba ppe sé, e ppoi disse ch’er rasore nun tajava. (San Pietro si fece prima la barba e poi disse che il rasoio non tagliava)
- Roma è santa, ma er su popolo boja. (Roma è santa, ma il popolo è boia)
- San Pavolo quanno cascò da cavallo, disse: “Tanto volevo scegne”. (San Paolo, quando cadde da cavallo, disse: “Tanto volevo scendere”)
- Quanno a Roma ce s’è posto er piede, resta la rabia e se ne va la fede. (Quando si è messo piede a Roma, ci si arrabbia e si perde la fede)
- La poca fatica è la salute de l’omo. (La poca fatica è la salute dell’uomo)
- A chi nun t’arigala e nun t’impresta, fuggelo come la pesta. (Chi non regala e non presta, fuggilo come la peste)
- I diavoli che nun se troveno a l’inferno, sono a Roma. (I diavoli che non si trovano all’inferno, sono a Roma)
- Li parenti der Papa, deventeno presto cardinali. (I parenti del Papa diventano presto cardinali)
- Sta scritto su la porta der curato: chi s’impiccia mor’ ammazzato. (Sta scritto sulla porta del curato: chi s’impiccia muore ammazzato)
- Er monno l’aregge Iddio, la croce l’areggo io. (Il mondo lo regge Dio, la croce la porto io)
- Chi ha soldi nun ha mai torto. (Chi è ricco ha sempre ragione)
- L’inferno è stato inventato p’er poveromo. (L’inferno è stato inventato per i poveracci)
- Noi romani l’aria der me ne frego, l’avemo avuta concessa da Cristo. (A noi romani l’aria del me ne frego ce l’ha concessa Cristo)
Proverbi laziali per ogni circostanza
I proverbi laziali non sono di certo finiti qui. Ovviamente, in base alla zona il dialetto può cambiare, in alcuni casi anche di molto, ma il significato resta sempre lo stesso. Di seguito, un’altra selezione dei modi di dire più famosi:
- Botta sparata e lepre scappata nun s’arichiappeno più. (Il colpo sparato e la lepre fuggita non si riprendono più)
- Lassa perde la serva, si poi arivà a la padrona. (Lascia perdere la domestica, se puoi arrivare alla padrona)
- A fija de vorpe, nu’je s’insegna la tana. (Alla figlia della volpe non s’insegna la tana)
- Na donna struita, è peggio de na minestra salata. (Una donna colta, è peggio di una minestra salata)
- Er sole cala indove c’è pennenza, l’amore torna indove c’è speranza. (Il sole cala dove c’è pendenza, l’amore torna dove c’è speranza)
- La gola è un bucetto, ma c’entra la casa co tutto er tetto. (La gola è un buchetto, ma c’entra la casa con tutto il tetto)
- L’onori e li guai so’ come l’ombra: indove vai, te viengheno appresso. (Gli onori e i guai sono come l’ombra: ti seguono sempre, dovunque tu vada)
- Sinistra e destra è tutta ‘na minestra. (Sinistra e destra è tutta una minestra)
- L’amico bottegaro, te fa er prezzo sempre più caro. (L’amico che ha negozio ti fa sempre il prezzo più caro)
- Li quattrini so’ come la rena, na soffiata e voleno. (I soldi sono come la sabbia: un colpo di vento e volano)
- Cani, principi e fiji de mignotte, nun chiùdeno mai porte. (Cani, principi e figli di puttana, non chiudono mai le porte)
- Chi nasce la notte de Natale è affortunato, e guarda da disgrazie sette case der vicinato. (Chi nasce la notte di Natale è fortunato, e protegge dalle disgrazie sette case vicine)
- Nissuno po’ morì come je pare. (Nessuno può morire come gli pare)
- A sto monnaccio nun c’è de sicuro che la morte e le gabbelle. (A questo brutto mondo non c’è di sicuro che la morte e le tasse)
- Er mejo posto è sempre quello der prete. (Il posto migliore è sempre quello del prete)
- Chi a Roma vvò gode, s’ha da ffare frate. (Chi a Roma vuol godersela, deve farsi frate)
- Fior de limone, si Cristo nun perdona a le mignotte, er paradiso lo po’ dà a ppigione. (Fior di limone, se Cristo non perdona alle puttane, il paradiso può darlo a pigione)
- A Roma Iddio nun è trino, ma quattrino. (A Roma, Dio, non è trino, ma quattrino)
- Vale più un bicchiere de Frascati, che tutta l’acqua der Tevere. (Vale più un bicchiere di Frascati, che tutta l’acqua del Tevere)