Ecco la storia vera di Il signore delle formiche e quali sono le differenze con il film. La pellicola racconta la storia del “Caso Braibanti”.
Uno dei casi giudiziari che ha più fatto discutere l’opinione pubblica in Italia negli anni è stato il cosiddetto “Caso Braibanti” che vide protagonista, suo malgrado, lo scrittore ed ex partigiano Aldo Braibanti. La storia dello scrittore e la sua vicenda giudiziaria sono state raccontate nel film Il signore delle formiche, pellicola diretta dal regista Gianni Amelio che è uscita nel 2022 dopo essere stata presentata alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Vediamo ora qual è la storia vera dietro al film e quali sono le differenze con i fatti realmente accaduti.
Il signore delle formiche: la storia vera e le differenze con il film
Nel 1965 lo scrittore Aldo Braibanti fu arrestato con l’accusa di aver plagiato la volontà di due ragazzi (entrambi maggiorenni) a livello fisico e psicologico. Dopo un processo che fece molto discutere fu condannato a quattro anni di carcere, due dei quali gli furono poi cotonati perché ex partigiano e combattente durante la Resistenza.
Il processo fece molto discutere perché l’impressione du che a finire sotto accusa fu l’omosessualità dello scrittore e le sue idee politiche. In favore di Braibanti si mobilitarono personalità e intellettuali come Umberto Eco, Alberto Moravia, Marco Bellocchio, Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante e i radicali di Marco Pannella.
Il film riposta abbastanza fedelmente i fatti, tranne che per quel che riguarda i fatti del giornalista de L’Unità che seguì nel caso. Ne Il signore delle formiche il giornalista si chiama Ennio Scribani (impersonato da Elio Germano) e lo si vede osteggiato nel suo lavoro dal direttore del suo giornale.
Nella realtà il giornalista che ha seguito il caso su L’Unità , Paolo Gambescia, fu sempre supportato dal proprio giornale e la posizione de L’Unità fu sempre a grande sostegno di Aldo Braibanti (che nel film è interpretato da Luigi Lo Cascio) e anche il direttore Maurizio Ferrara, il giorno dopo la condanna dello scrittore firmò un editoriale di denuncia per quanto avvenuto. Paolo Gambescia non fu licenziato, a differenza di quanto si vede nel film, e ha continuato a lavorare per L’Unità anche dopo la chiusura del caso giudiziario.