Chi è Rosa Bazzi, condannata all’ergastolo in via definitiva con il marito Olindo Romano per la strage di Erba consumata la sera dell’11 dicembre 2006 nella corte di via Diaz.
Il nome, il volto e la storia di Rosa Bazzi sono impressi sulle cronache per il suo ruolo nella strage di Erba, il massacro di cinque persone tra cui un bimbo di appena 2 anni avvenuto in provincia di Como a poche settimane dal Natale del 2006. Assassina, secondo la giustizia italiana, come il marito Olindo Romano: entrambi condannati al carcere a vita dopo un incredibile altalena di confessioni e ritrattazioni.
Rosa Bazzi: la biografia
Rosa Angela Bazzi, nota semplicemente come Rosa Bazzi, è nata a Erba (Como) il 12 settembre 1963 sotto il segno della Vergine e oggi è detenuta per la strage di cui è stata riconosciuta colpevole, insieme al marito Olindo Romano, dalle sentenze emesse all’esito dei tre gradi di giudizio celebrati a loro carico nel processo sulla strage di Erba.
Analfabeta, incapace di leggere e scrivere, fino al momento del massacro viveva in un appartamento di uno stabile noto come “palazzo del ghiaccio” dove si trovava, situato a pochi metri, quello della vicina di casa Raffaella Castagna, tra le vittime della carneficina.
Rosa Bazzi lavorava come donna delle pulizie e, secondo la ricostruzione, viveva in totale simbiosi con il marito e conducendo un’esistenza riservata.
Rosa Bazzi: chi è il marito Olindo Romano
Il marito di Rosa Bazzi, Olindo Romano, è stato ritenuto colpevole con lei della strage di Erba. Nato ad Albaredo per San Marco (Sondrio) il 10 febbraio 1962 sotto il segno dell’Acquario, fino al momento del massacro lavorava come netturbino.
Secondo l’accusa che lo ha portato all’ergastolo Olindo Romano e sua moglie Rosa avrebbero covato contro la vicina di casa Raffaella Castagna un odio tale da determinarsi a commettere il crimine per cui sono finiti in carcere a vita.
Rosa Bazzi e Olindo condannati per la strage di Erba
Rosa Bazzi e Olindo Romano scontano l’ergastolo perché ritenuti responsabili del massacro di via Diaz dell’11 dicembre 2006, una mattanza passata alle cronache come la “strage di Erba” in cui morirono, orrendamente uccisi a coltellate e sprangate, quattro persone.
Vittime della furia omicida attribuita ai coniugi, Raffaella Castagna, il figlio di 2 anni, Youssef Marzouk, la nonna materna del bambino, Paola Galli, e la vicina di casa Valerina Cherubini. Una quinta persona rimase ferita gravemente ma scampò per miracolo alla morte: Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini, sopravvissuto grazie a una malformazione congenita alla carotide che impedì alla coltellata alla gola di ucciderlo.
Mario Frigerio divenne testimone chiave dell’accusa e disse di aver riconosciuto in Olindo Romano il suo aggressore. La condanna all’ergastolo di Rosa e Olindo, definitiva dal 2011 con la sentenza di Cassazione, fu confermata nei tre gradi di giudizio e si fondò sostanzialmente su tre pilastri:
- la testimonianza-riconoscimento fornita da Frigerio;
- una macchia di sangue isolata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano e attribuita alla vittima Valeria Cherubini;
- le confessioni dei coniugi.
Rosa Bazzi: la richiesta di revisione del processo
Nel 2023, un colpo di scena ha impresso un clamoroso step alle mosse difensive della coppia. Il sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser, convinto dell’errore giudiziario ai danni di Rosa Bazzi e Olindo Romano, dopo aver letto tutti gli atti ha presentato istanza di revisione del processo.
A ritenere innocenti i coniugi, quindi, non solo il pool di legali e consulenti che li assiste da anni. La difesa ha proposto propria istanza di revisione nell’ottobre dello stesso anno, a stretto giro da quella di Tarfusser e dalla seconda richiesta di riapertura del caso avanzata dal tutore di Rosa e Olindo, l’avvocato Diego Soddu.
Per chi sostiene l’innocenza di Rosa e Olindo, troppe falle nelle indagini e la fretta di chiudere il cerchio intorno agli autori della strage di Erba avrebbero giocato a sfavore dei coniugi inchiodandoli a responsabilità che non gli apparterrebbero.
Contestate in istanza di revisione le tre coordinate cardine dell’accusa che ha portato i Romano-Bazzi all’ergastolo: racconto di Frigerio, macchia di sangue sull’auto di Olindo e confessioni di marito e moglie.
Secondo la difesa, Frigerio avrebbe riconosciuto in Olindo il suo assalitore non solo tardivamente – dopo molte settimane dalla strage dopo aver inizialmente indicato quale aggressore un “uomo forte come un toro“, dalla “carnagione olivastra” e pià alto di lui di 6-10 cm – ma il suo ricordo sarebbe stato manipolato e “indotto” dalle domande suggestive degli inquirenti. Su tutte, da quelle poste dal maresciallo dei carabinieri Luciano Gallorini.
I difensori di Olindo e Rosa, così come il magistrato Tarfusser, ritengono inoltre che la macchia di sangue della vittima Cherubini isolata, secondo i carabinieri, sul battitacco dell’auto di Romano non sia stata correttamente repertata perché assenti foto che ne mostrino evidenza con il protocollo del luminol.
Quella traccia, secondo consulenti della difesa e sostituto pg di Milano, potrebbe addirittura essere stata assente.
Infine le confessioni della coppia che, secondo i loro legali, sarebbero state indotte e non sarebbero un autentico mea culpa. Intrise di errori clamorosi e rese, stando a quanto emerso dalle indagini difensive, mostrando agli allora indagati Rosa e Olindo le foto del massacro.
C’è un’altra persona che crede che Rosa e Olindo siano innocenti: Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime della mattanza, Raffaella Castagna e il piccolo Youssef, da sempre certo che gli assassini siano ancora a piede libero.