Generalità e sintomi della toxoplasmosi.
La toxoplasmosi è una malattia scoperta nel 1937, causata da un parassita, il Toxoplasma Gondii, il quale compie il suo intero ciclo vitale solo all’interno delle cellule. Questa malattia viene trasmessa a moltissimi animali attraverso l’assunzione di carne infetta o tramite le loro feci. Essa può essere di 3 tipi:
- Toxoplasmosi
acuta (di solito asintomatica negli adulti sani, essa passa quasi sempre
inosservata) - Toxoplasmosi
latente - Toxoplasmosi
cutanea.
Tale infezione è composta da due fasi: la toxoplasmosi primaria e quella postprimaria. La prima è quella sintomatica della malattia e, durante la stessa, vengono prodotti IgM, ovvero una glicoproteina. Durante questo primo periodo di malattia, si possono presentare diversi sintomi tra cui stanchezza, mal di testa e di gola e qualche volta febbre, oltre che a un possibile rigonfiamento della milza e del fegato.
Di solito il soggetto che contrae questa malattia, rimane al sicuro per tutto il resto della vita grazie al lavoro svolto dagli anticorpi. Nel caso in cui essi falliscano il loro obiettivo, la toxoplasmosi passa alla seconda fase, in cui si ha un’assenza di segni clinici, contemporaneamente alla produzione di anticorpi IgG che, come vedremo successivamente, saranno i protagonisti del Toxo-Text. Questa fase è caratterizzata dalla presenza del parassita all’interno del cervello o nei muscoli. Questo potrebbe tornare a fare danni nel caso in cui le difese immunitarie non svolgano correttamente il loro compito. Molti approfondimenti sulla salute fisica e psicologica in gravidanza e sulla toxoplasmosi negli adulti e nei bambini, si trovano sul sito specializzato Mammastobene.
Diagnosi e prevenzione della toxoplasmosi: il Toxo-Test
La toxoplasmosi è molto pericolosa in gravidanza, in quanto l’infezione potrebbe passare fino al bambino attraverso la placenta, causando possibili malformazioni o addirittura la morte del feto. Per scongiurare questo spiacevole evento, si può oggi conoscere lo stato della futura madre prima della gravidanza, attraverso un semplice esame del sangue, chiamato Toxo-Test, che definisce la categoria della paziente in una tra le seguenti tre: protetta, suscettibile o a rischio.
Questo test permette di verificare la presenza o meno di anticorpi di classe IgG (prodotti, come già visto, nella fase due del decorso della malattia) e quindi di capire se la donna è protetta o meno. Se non lo si scopre prima dell’inizio della gestazione, si può fare il Toxo-Test nei primi periodi della gravidanza, generalmente nelle prime otto settimane. Resta comunque un buon metodo per la prevenzione di questa malattia.
Uno studio svolto in diversi centri d’Europa, tra i quali quelli di Milano e Napoli, condanna il consumo di carne poco cotta come prima causa d’infezione (dal 30 al 63% dei casi noti di toxoplasmosi). È quindi buona causa cuocere a sufficienza la carne che si andrà a consumare nei pasti, oltre che a lavarsi accuratamente le mani sotto l’acqua corrente dopo aver maneggiato la carne cruda. Un’altra causa evidenziata da questo studio, è la manipolazione di terreno infetto durante le attività in giardino o nell’orto. È consigliato l’utilizzo di guanti di lattice durante lo svolgimento di questa attività.
Nel caso in cui il Toxo-Test dia risultato negativo, significa che la futura madre è al sicuro dal parassita responsabile della Toxoplasmosi: però non è del tutto finita, perché lo si potrebbe contrarre durante i 9 mesi di attesa.
Il gatto, indiziato numero uno come portatore di toxoplasmosi
In questo sfortunato caso, il gatto
verrebbe immediatamente incolpato e allontanato da casa, in quanto potrebbe
aver trasmesso la malattia attraverso le feci. In realtà è un episodio
estremamente raro, perché un micio domestico difficilmente entra in contatto
con terreni o feci di animali randagi contagiati, in quanto passa la maggior
parte del proprio tempo in casa. Nel caso di contatto con il parassita,
l’animale espellerebbe le ovociti responsabili dell’infezione solo ed
esclusivamente tramite le feci. Quindi, coccolare il proprio coinquilino a
quattro zampe o prenderlo in braccio, non rappresenta alcuna minaccia per gli
umani.
Per un’ulteriore precauzione, è bene far pulire la lettiera da amici o parenti
della donna, per evitare contatti con eventuali feci infette. Quindi, con un
po’ di attenzione, si può evitare di dover allontanare il gatto da casa.
Nel caso in cui l’allergia ai gatti
di un membro della famiglia sia fonte di discussione, i ricercatori stanno
mettendo a punto un sistema per renderli “anallergici”. Finora il tutto è stato testato su
54 gatti, da cui sono state registrate le risposte immunitarie desiderate,
anche se, in alcuni casi, l’eliminazione dell’allergene non è stata completa.
Indipendentemente dai risultati ottenuti, questo progetto dovrebbe terminare ed
entrare in commercio entro tre anni e, nelle ipotesi più ottimistiche, il vaccino dovrebbe ridurre i sintomi di asma
da allergia ai gatti.
Diagnosi nei gatti
Una domanda può ora sorgere spontanea: come si può riconoscere se il proprio gatto è affetto o meno da questa temibile malattia? In caso di gatti con scarsa attività metabolica, si possono presentare sintomi lievi come la diarrea, ma negli amici a quattro zampe con una forte salute, generalmente non se ne presenta alcuno, indipendentemente dalla razza. Occorre prestare attenzione ai gatti anziani o ancora giovani, che potrebbero presentare alcuni o tutti i sintomi sotto riportati:
- Febbre
- Diarrea
- Infiammazione degli occhi
- Ittero.
L’ultimo sintomo citato è causato da un’eccessiva colorazione gialla dei tessuti, dovuta ad un’elevata quantità di bilirubina.
Seguendo le semplici indicazioni presenti in questo articolo, è possibile ridurre al minimo le probabilità di contrarre questa bruttissima malattia e di svolgere una vita sana e felice insieme al futuro figlio e alle persone amate.